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La “promessa” di Letta (PD) equivale a 300 euro di aumento entro la fine della legislatura; ma facciamo due conti

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Stanno facendo scalpore le parole di Enrico Letta sulla questione degli aumenti stipendiali dei docenti.
Per iniziare ad adeguare le retribuzioni degli insegnanti italiani – ha annunciato il segretario del PD – ci vogliono dai 6 agli 8 miliardi se andremo al Governo li stanzieremo.
La “promessa” è certamente allettante anche se, per la verità, andrebbe precisata e analizzata un po’ meglio: si tratterebbe di 6-8 miliardi per il prossimo contratto 2022-2024 o i due contratti (2022-24 e 2025-27) che si dovrebbero stipulare prima della fine della prossima legislatura?
Letta ha detto chiaramente che l’obiettivo dell’equiparazione alla media europea va riferito al termine della legislatura.
In tal caso vorrebbe dire che per i due contratti futuri potrebbero esserci appunto 6-8 miliardi in tutto, cioè 3-4 miliardi per ciascun triennio.
In ogni caso si tratterebbe di cifre importanti, visto e considerato che il contratto 2019-2021 che è attualmente al tavolo della trattativa ha un dotazione di poco superiore a 2 miliardi.
“A occhio e croce” potrebbero significare 150 euro di aumento per ciascun contratto, 300 euro a fine legislature.
L’annuncio di Letta, però, non soddisfa del tutto i sindacati.
Sinopoli, segretario generale di Flc-Cgil, ha già replicato dicendo che se davvero Letta ha a cuore gli stipendi del personale della scuola dovrebbe intervenire immediatamente in modo da garantire la firma del contratto 2021-23 anche prima delle elezioni.

Per farlo, dice Sinopoli, basterebbe usare un po’ di soldi del PNRR: è vero aggiunge il segretario della Flc, che si tratta di risorse non utilizzabili per gli stipendi, ma poiché il Governo li sta usando nei modi più svariati non si capisce perché non ne possa destinare una quota anche alle retribuzioni.
Ma ci sono anche altri nodi da sciogliere.

Letta parla di stipendi dei docenti, ma i sindacati del comparto chiederanno altrettanta attenzione anche per tutte le altre figure professionali, a partire dal personale Ata.
E si tratterà poi di capire come reagiranno le confederazioni sindacali e gli altri sindacati del pubblico impiego che, certamente, chiederanno altrettanta attenzione nei confronti degli altri comparti, a partire dalla Sanità fino agli Enti Locali.
Il problema della cosiddetta “rincorsa salariale” potrebbe insomma mettere in difficoltà sia gli stessi sindacati sia il Governo, come peraltro è già avvenuto in passato.