Home Mobilità La punizione della buona scuola. Parla una prof siciliana

La punizione della buona scuola. Parla una prof siciliana

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Repubblica.it ha intervistato una docente siciliana, la prof.ssa Concettina Attardo di Palma di Montechiaro (AG), che fa parte dei circa 8.000 insegnanti assunti a tempo indeterminato costretti dalla “buona scuola” a cambiare regione. La prof. fa la maestra ed ha sempre insegnato nella provincia di Agrigento, ma ora è obbligata a fare le valigie per trasferirsi a Torino, dove prenderà servizio il prossimo primo di settembre.

Tuttavia. Dice la prof, se il contratto a tempo indeterminato val bene un trasferimento “Sarei anche disponibile a spostarmi nel resto della Sicilia. Nella mia regione c’erano 1.491 posti e io e diverse mie colleghe abbiamo tra i punteggi più alti nelle graduatorie. Eppure dobbiamo tutte andare altrove. È come se ci fosse stata inflitta una punizione”. Eppure, spiega la docente siciliana, potrebbero spedire al Nord “quelli appena arrivati grazie all’ultimo concorso. Invece loro entrano nella propria provincia, mentre noi delle graduatorie a esaurimento, con venti o trent’anni di servizio alle spalle, ci dobbiamo trasferire. Io amo il mio lavoro, ho insegnato a due generazioni di miei conterranei. Ora invece arriveranno persone che potrebbero avere molta meno esperienza di me”.

“Probabilmente allo Stato interessano di più i giovani che vanno in pensione tra quarant’anni piuttosto che noi. Alcuni dei miei colleghi sono stati costretti a rinunciare e forse è proprio questo che voleva il governo “.

E infatti, “Ci hanno messo di fronte a un aut aut: o fai la domanda oppure non lavori più. Perché d’ora in poi non vogliono più rinnovare i contratti dei precari oltre i trentasei mesi. Che osa avrei dovuto fare? La realtà è che avrei potuto comportarmi come tutti gli altri: negli anni scorsi mi potevo prendere una cattedra al Nord e ora sarei rientrata “.

 

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E invece, dice la prof a La Repubblica “Mi sono accontentata delle supplenze pur di stare vicino alla mia famiglia. Mio padre era malato, non sarebbe stato facile gestire un trasferimento. Ma io il posto di lavoro me lo sono guadagnato, ho lottato per anni, non le dico quante discussioni con i presidi ho fatto per ottenere una supplenza. Poi, un anno fa, mi hanno messo di fronte a un “prendere o lasciare”, non avevo alternative. Non ci sono stati né rispetto né giustizia nei nostri confronti. Ho una collega di 63 anni che deve trasferirsi in Liguria, le sembra normale? “.

Il trasferimento dunque è inevitabile, spiega la prof oppure deve rinicare a insegnare, “Però spenderò tutte le carte possibili per evitarlo. Non è che Torino non mi piaccia, però la mia vita è qui e ho una mamma anziana. Laggiù mi sentirei come un pesce fuori dall’acqua. Altri miei colleghi saranno costretti a lasciare figli e mariti”.

Intano la docente precisa, a scanso di equivoci e per impinguire gli studi legali: “Mi sono già rivolta a un avvocato, se ci sono gli estremi non mi fermerò. Dopo tutti questi anni ritengo di aver maturato dei diritti e intendo farli valere fino a quando ne avrò la possibilità. Mal che vada, me ne andrò a Torino. Però voglio che sia chiaro a tutti: ci è stata fatta un’ingiustizia”.