Home Attualità La Scuola e il Futuro mitizzato: il Futuro è l’anima del commercio?

La Scuola e il Futuro mitizzato: il Futuro è l’anima del commercio?

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Di futuro si parla ovunque: Futuro con l’iniziale maiuscola, idealizzato e quasi divinizzato, che arricchirà le magnifiche sorti e progressive del genere umano di risorse tecnologiche da fantascienza, capaci di realizzare la felicità in terra mediante l’annullamento di ogni fatica. Il Logo FUTURA – PNRR ISTRUZIONE – LA SCUOLA PER L’ITALIA DI DOMANI campeggia trionfale sul sito web del ministero di Viale Trastevere nella pagina dedicata al PNRR e ai fondi NextGenerationEU; lo si ammira nelle circolari delle scuole, garanzia di luminoso progresso e di investimenti ben spesi.

Il Futuro, più di qualsiasi pubblicità, è l’anima del commercio. Infatti, il giro d’affari per le multinazionali hi-tech, che forniscono hardware e software a scuole e università italiane, superava già nel 2023 i 2,8 miliardi di euro (26% più del 2021). In questa corsa al “futuro” (dei miliardari) l’Italia corre più di tanti altri Paesi sviluppati, che nel medesimo biennio la spesa l’hanno addirittura dimezzata.

Render facile il difficile: funziona davvero?

Rispetto alla didattica usuale, la gamification la fa ormai da padrone, nei corsi di formazione aziendale come nella Scuola stessa. Che poi l’apprendimento ludico sia tanto efficace e profondo quanto quello legato a silenzio e concentrazione, è tutto da dimostrare. L’esperienza comune dei docenti delle scuole secondarie, al momento, lo nega.

Al contrario, tutti si lamentano della incredibile difficoltà che la massima parte degli studenti di 15 anni ancora incontra nella scrittura (disorganica, scorretta, a tratti incomprensibile), nella lettura (con forti difficoltà nel completamento della frase), nel parlato (con un vocabolario risicatissimo e fatica nell’esprimere le idee), nell’ascolto (incapaci come sono di seguire un ragionamento per più di un minuto), nel far di conto (non avendo mai memorizzato né tabelline né procedure di calcolo aritmetico, spesso protetti dall’egida della certificazione di discalculia).

Audiolibri al posto dei libri?

La tecnologia è impiegata, ad esempio, per insegnar la lettura fluente e accurata a chi ancora non legge proprio. In tal senso gli audiolibri possono, più che insegnare a leggere, motivare lo studente a leggere da solo un libro che ha ascoltato in voce. A patto che questo sia il vero obiettivo, e che gli audiolibri non finiscano col sostituire del tutto la capacità di lettura autonoma.

La facilitazione rende capaci di affrontare le difficoltà?

Il gioco come modalità didattica è utile: purché al gioco seguano l’approfondimento critico e la capacità di apprender razionalmente senza giocare, comprendendo che il divertimento consiste proprio nello scoprire e nell’imparare. Le piattaforme che generano quiz sono coinvolgenti, ma non devono restar fine a se stesse, bensì interessare gli allievi e indurli a non restare in superficie rispetto ai temi trattati.

Le mappe concettuali, per chi soffre di Disturbi Specifici dell’Apprendimento, non devono esser l’obiettivo finale: chi le usa (magari realizzate dall’Intelligenza Artificiale) tende infatti a memorizzare gli schemi senza ragionarvi sopra; mentre lo scopo dello studio è apprendere tutti gli aspetti di una tematica nelle loro concatenazioni, onde diventar capaci di realizzare da soli mappe concettuali soddisfacenti.

L’italico amore per le (discutibili) “innovazioni” dal nome anglosassone

Non a caso nella Scuola ci si sta abituando a pensar la tecnologia come panacea di ogni problema didattico. Ideologia pura, che cela gli interessi miliardari delle aziende hi-tech, specie statunitensi, cui l’Italia si è platealmente consegnata nell’ultimo trentennio, mani e piedi legati (sebbene il primo personal computer sia stato inventato dall’italiana Olivetti tra il 1962 e il 1964).

Come sempre immemore di se stessa e della propria tradizione culturale umanistica (che l’ha resa grande anche e soprattutto in campo scientifico e tecnologico), l’Italia è avviluppata in un loop compulsivo ad eseguire e ripetere quanto il mercato d’oltreoceano le detta, aiutata in quest’avviluppamento da una classe dirigenziale e politica priva di idee (e di reale amor di patria, pure da molti suoi esponenti spesso a sproposito invocato).

Ripetitori acritici degli assiomi della società cibernetica

In questa coazione a ripetere si nota quanto Erich Fromm definiva «una delle norme assiomatiche della società cibernetica: ‘”Bisogna” fare qualcosa perché è tecnicamente “possibile” farla’. Se è possibile costruire armi nucleari, bisogna costruirle, pur correndo il rischio di farci distruggere tutti. Se è possibile arrivare fino alla Luna e agli altri pianeti, bisogna farlo, anche a costo di lasciar insoddisfatte molte esigenze sulla Terra. Questo principio significa la negazione di tutti i valori umanistici, e tuttavia rappresenta di per sé un valore, forse la norma suprema della società ‘tecnotronica’».

La citazione è tratta da The anatomy of human destructiveness, il trattato che nel 1973 il grande filosofo e psicoanalista tedesco dedicò allo studio della distruttività nel genere umano.

La Scuola non deve lasciarsi condizionare dal contesto ideologico in cui vive ed opera

Ma la Scuola non può mettere il collo nello stesso cappio che strangola il mondo. La Scuola deve continuare ad essere il luogo in cui si crea il mondo futuro vero; non l’azienda in cui si perpetuano gli sbagli del presente nel nome degli interessi di chi questo presente ha costruito. Il futuro va pensato ed edificato sulla base dei valori umani, non dei disvalori economici.

Se andare su Marte si rivela poco proficuo per il benessere dell’umanità, allora forse dobbiamo rinunciare ad andare su Marte, e dedicarci di più a conoscere cuore e mente umani. Lo studio deve aiutarci nel rimediare ai danni inferti al futuro dell’umanità dall’uso della tecnologia finalizzata al profitto di pochi miliardari. Se la tecnologia ci aiuta a conoscerci meglio e a liberarci, ben venga. Altrimenti, meglio frequentare altri lidi.