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La scuola e la scelta educativa: la difesa del costo standard di sostenibilità

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Così come segnala Il Corriere della Sera, in un’articolo del 23 settembre, appare evidente l’urgenza di applicare il costo standard di sostenibilità per allievo.

“Per ogni studente iscritto a un liceo pubblico spesi diecimila euro all’anno dei contribuenti. Il test degli economisti sul Leonardo da Vinci”… come un occhio, che, largo, esterrefatto, / s’aprì si chiuse, nella notte nera (Pascoli, “Il lampo”), così appare da oggi l’assoluta urgenza di applicare il costo standard di sostenibilità per allievo (cfr. “il diritto di apprendere. Nuove linee di investimento per un sistema integrato”, Giappichelli, 2015) alla scuola italiana, con uno studio che tre anni fa aveva già messo nero su bianco i conti fuori controllo e contro ogni logica di buona gestione dello Stato, gestore e controllore di scuole pubbliche.

E riguardo al Leonardo di Milano si tratta di eccellenza.

Chissà che il cittadino contribuente, questa volta, vedendo plasticamente la mano dello Stato nel suo portafoglio sfilargli diecimila euro all’anno per pagare, magari in altra eccellenza milanese, una realtà scolastica ove i genitori si improvvisano imbianchini e in aggiunta devono contribuire con un “contributo volontario” di ben 200 euro per la carta igienica e spese varie. Di volontario c’è ben poco.

Peggio ancora se ha figli che deve (perché non ha i soldi per scegliere di meglio) lasciare in classe senza il docente di sostegno (ne mancano all’appello 50mila).

Il Sistema Nazionale di Istruzione è – per legge – formato da scuole pubbliche statali e scuole pubbliche paritarie. Ma il contribuente povero di cui sopra, la pubblica paritaria non può sceglierla, perché non può pagare i cinquemila euro di retta annui, visto che ha già pagato i diecimila alla pubblica statale.

Lo Stato italiano, attribuendosi in toto il ruolo di soggetto che eroga formazione, non solo viola i principi della costituzione italiana, come della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo che all’art. 26 indica nei genitori i soggetti responsabili dell’educazione dei figli, ma sperpera senza controllo (essendo lui stesso gestore e controllore) i soldi delle tasse dei cittadini del Bel Paese.

Infatti il sistema scolastico italiano si presenta classista, nella misura in cui non permette anche al povero di poter esercitare la libertà di scelta educativa in un pluralismo formativo; regionalista, perchè a fronte di una regione come la Lombardia, che è ben oltre i parametri europei OCSE, altre, ad es. la Campania e la Calabria, sono molto al di sotto, il che sospinge l’Italia agli ultimi posti in Europa; discriminatorio,

a) nei confronti della classe docente che – nonostante la Costituzione affermi il diritto all’esercizio della libertà di insegnamento – si trova, a parità di titolo, a dover percepire uno stipendio inferiore se sceglie di insegnare in una scuola pubblica paritaria rispetto alla scuola pubblica statale;

b) verso gli studenti portatori di handicap ai quali, se scelgono la scuola pubblica paritaria (che – si ricorda – per la L. 62/2000 fa parte del sistema nazionale di istruzione), non verrà riconosciuto il docente di sostegno come avverrebbe presso la scuola pubblica statale.

L’Italia che pensa e che lavora – e che voterà a ragion veduta – ha aperto l’occhio nella notte nera.

A domani la prossima puntata.