Home Formazione iniziale La scuola inclusiva del Piano Renzi? Non per tutti…

La scuola inclusiva del Piano Renzi? Non per tutti…

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Sono 1400 i precari siciliani tagliati fuori dalle promesse (ma quanto mantenute?) assunzioni previste per il 2015. E si tratta di 10500 docenti abilitati in tutta Italia, supplenti invisibili che hanno avuto il solo demerito di partecipare nel 2012 ai Tirocini formativi attivi con prove selettive e costi notevoli. Alcuni hanno protestato davanti a Montecitorio, altri hanno elaborato un documento, consegnandolo allo stesso premier.

La richiesta è una e una sola: avere il diritto di essere stabilizzati come tutti gli altri. Completato il loro percorso, infatti, per questi malcapitati docenti si apre una sola possibilità: essere inclusi nella seconda fascia delle graduatorie d’istituto con l’unico possibile obiettivo di ricoprire qualche supplenza breve. Fino a quando le supplenze brevi esisteranno.
Insomma con il piano di 150mila assunzioni, se sempre si faranno (Mef permettendo), e la creazione di un organico funzionale cui attingere, gli abilitati del Tfa hanno poco da stare allegri. Se ricostruiamo la loro storia ci rendiamo conto che la situazione fin dall’inizio non era molto promettente.

Nel 2012 hanno partecipato a una selezione che ha valutato 120 mila aspiranti docenti attraverso tre prove a pagamento: un test a crocette (con i soliti vergognosi errori nella formulazione), una prova scritta ed infine una orale, sono entrati a far parte degli “eletti”, di coloro che potevano iniziare il Tfa.

Ma non gratis. 2500 euro in media (più libri ed eventuali spese di trasporto o alloggio presso le sedi universitarie) per frequentare lezioni universitarie del proprio ambito disciplinare e di scienze pedagogiche, sostenere esami, lavorare in una scuola affiancando un docente di ruolo e superare la famosa prova abilitante. In undici mila sono stati abilitati, dopo essere stati paradossalmente selezionati sulla base di un calcolo del fabbisogno regionale di personale docente in relazione ai pensionamenti previsti e ai posti in organico di diritto e perciò disponibili, in prospettiva, all’immissione in ruolo (art. 5 comma 2 del D.M. 249/10)

Per far cosa? Dopo un corso abilitante costoso, dai 2700 ai 3000 euro, e sacrifici pesanti, dopo tre prove selettive, di cui una ministeriale, questi docenti invisibili si ritrovano in un limbo peggiore di quello dantesco, quella seconda fascia delle graduatorie d’istituto che non si capisce bene che sorte avrà. Altro che seconda fascia come fase transitoria verso il ruolo come qualche mese fa si auspicava. Qua si rischia l’eliminazione.

E il documento La buona scuola parla chiaro: “Le graduatorie di istituto verranno mantenute ma:

(1) con una sola fascia;

(2) riservata a tutti (e solo) gli abilitati,che potrebbero essere chiamati nei (pochi) casi in cui, nonostante il piano assunzionale straordinario, e la nuova assegnazione alle scuole o reti di scuole di docenti su cattedra e di “docenti dell’autonomia”, non si riuscisse – in particolare per limiti di mobilità geografica – a coprire tutte le supplenze con il corpo docente di ruolo.”

Che potrebbero (condizionale) essere chiamati nei pochi casi. I nodi dei farraginosi procedimenti abilitanti degli ultimi anni vengono al pettine. Un vero business per alcuni, dramma inevitabile per altri. Dove sono la garanzia, la tutela e la valorizzazione del titolo conseguito tramite Tfa?

Sono nodi che il premier Renzi dovrà sciogliere. Evitando pericolose dimenticanze alle quali l’Italia è abituata, vedi il caso Fornero- Quota 96…