La scuola s’è difesa dal Covid aprendo le finestre, rimangono 13mila classi pollaio e ora i soldi vanno alle armi: l’ira di d’Errico [INTERVISTA]

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Nemmeno davanti al Covid la scuola ha saputo essere “resiliente”: se dal punto di vista della strategia anti Covid con le vaccinazioni di massa siamo andati mediamente bene, per la scuola non è arrivato alcun intervento specifico. Lo denuncia Stefano d’Errico, leader Unicobas, durante un’intervista alla Tecnica della Scuola.

La scuola rimane con 13mila classi pollaio, con oltre 26 e fino a 33 alunni, invece per rispondere all’emergenza in Belgio le classi non superano i 10 allievi e in Gran Bretagna i 15. Mentre in Germania hanno speso 500 milioni per sanificare le aule, noi invece per due inverni abbiamo aperto solo le finestre. Siamo mancati pure nel trasporto degli studenti, potevamo mettere a loro disposizione i pullman fermi nei garage dell’esercito piuttosto che degli enti locali e delle regioni.

Il sindacalista di base è rammaricato per i mancati interventi di edilizia scolastica: “arriveranno 800 milioni dal Pnnr a fronte di 30 miliardi complessivi; ricordo solo che dieci anni fa la protezione civile aveva calcolato che servivano 13 miliardi”.

C’è poi il problema del contratto fermo al 2018: “bisognerebbe avvicinarsi alla media retributiva europea, invece rimaniamo all’ultimo posto; servirebbero in un paio d’anni 1.000 euro netti in più per i docenti e 500 per gli Ata”.

D’Errico rivendica anche una classe di concorso, con abilitazione per i docenti di sostegno. Chiede di assumere i precari e di innalzare l’obbligo formativo con “l’ultimo anno di scuola dell’infanzia e arrivando a 19 anni, cassando il liceo di soli 4 anni”.

L’ultima stoccata è contro l’aumento per le spese militari: invece di usare “il denaro pubblico per scuola, sanità e caro bollette, passiamo dagli attuali 25 miliardi a 40 miliardi per gli armamenti”.

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