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La segregazione scolastica a Milano

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È partito su Rainews24 il  viaggio di “Spotlight” nei quartieri della periferia di Milano, dove nasce la segregazione scolastica.

Una problematica antica, già denunciata da circa un ventennio, quando i primi figli di immigrati cominciarono a frequentare le scuole pubbliche. La mancanza di mediatori culturali, l’inadeguatezza delle strutture, lo smarrimento dei docenti che si trovarono in classe ragazzi che non conoscevano la lingua  e la cui cultura spesso confliggeva con quella dei loro coetanei, fece scattare la ricerca di soluzioni che, come al solito in una Nazione impreparata e pressapochista, portarono solo più confusione che rimedi, come quello di accettare in classe una percentuale massima del 30% di alunni stranieri per consentire, così si pensava, la prosecuzione della programmazione annuale senza intoppi. 

Non si capì, come non si capisce ancora, che le scuole, ubicate in certi quartieri ghetto, dove la maggioranza dei migranti si stabilivano, raccoglievano quella specifica utenza, per cui gli italiani preferirono spostarsi o iscrivere i loro figli altrove, comprese le scuole private.

Oggi da allora nulla è cambiato, anzi il problema si è acuito cosicché la Rai ha programmato questa inchiesta proprio sulle scuole ghetto, frequentate quasi totalmente da studenti di origine straniera, che vivono ai margini.

 Mentre gli italiani fuggono verso le scuole del centro città. 

Eppure, sottolinea il programma Rai,  la scuola dell’obbligo dovrebbe rappresentare il luogo d’elezione per promuovere l’inclusione sociale e le pari opportunità, come recita la Costituzione. Ma in alcuni casi, nonostante gli sforzi dei docenti e dei dirigenti, avviene esattamente il contrario. 

E le seconde generazioni di migranti, seppure nate e cresciute in Italia, portano addosso i segni di questa enorme contraddizione. 

L’inchiesta in due parti è di  Maria Elena Scandaliato, su Rainews24