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Le matricole abbandonano il sud

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L’emigrazione studentesca da Sud a Nord torna a gonfiarsi e rischia di alimentare un circolo vizioso in cui la perdita di giovani qualificati impoverisce il territorio creando le condizioni per un esodo ancora più consistente nei prossimi anni. Il 40% dei 18-20enni italiani è del Mezzogiorno, ma al Sud è rimasto solo il 29,2% dei giovani che si sono immatricolati quest’anno all’università

Il fenomeno è strutturale e ritorna sostanzialmente immutato se si concentra l’analisi sulle singole aree di studio: da lettere a economia, passando per le facoltà scientifiche e quelle sanitarie, la geografia degli studenti non conosce variazioni e disegna un flusso crescente verso i poli di attrazione del Nord e di Roma.

Gli studenti più stanziali, precisa Il Sole 24 Ore, sono quelli del Lazio, che si concentrano nelle università romane ed evitano di andare fuori regione nel 92,6% dei casi. Simile è il comportamento dei lombardi, che accanto al sistema milanese possono puntare su più sedi nel territorio e rimangono in regione al 90,1%, superando di poco il dato della Toscana che registra un 89,2% di permanenza. All’altro capo della graduatoria c’è la Basilicata, che trattiene meno di tre studenti su 10, ma ovviamente il dato delle piccole regioni è influenzato dalle dimensioni del territorio e dalla presenza di poli di attrazione vicini: la maggioranza dei giovani universitari lucani va a studiare in Puglia, come accade ai valdostani con il Piemonte e, anche se in misura minore, ai molisani con l’Abruzzo, in una dinamica di piccoli spostamenti che non configurano una mobilità accademica vera e propria.

 

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Più significativi i dati della Calabria, che “perde” il 36,6% dei propri studenti, nonostante il generoso tentativo di creare a Cosenza l’unica università “residenziale” oggi attiva in Italia, di Puglia e Abruzzo, che vedono partire il 35% degli immatricolati, e della Sicilia, che ne vede partire il 26 per cento. E per superare le distorsioni create dai mini-spostamenti fra regioni confinanti è sufficiente dividere l’Italia accademica in due grandi aree. Si scopre che quest’anno le università del Centro-Nord sono state scelte dal 40,4% degli studenti lucani, dal 35% di abruzzesi e molisani, dal 29% dei pugliesi, dal 27% dei calabresi e dal 26% dei siciliani, mentre solo la Campania mostra una certa tenuta (il 10,5% si sposta verso Nord). Al contrario, rimane nell’area geografica di appartenenza la totalità dei giovani del Centro-Nord, con tassi che oscillano fra il 99,1 e il 99,9 per cento.

Un’altra frattura è dovuta la fatto che il Nord riconosce le borse di studio a tutti gli studenti che ne hanno diritto, mentre al Sud ne lascia scoperti il 70% in Sicilia, quasi il 60% in Calabria e circa la metà in Campania. Una divisione, quest’ultima, “rotta” solo dal Piemonte, che però da quest’anno annuncia di essere tornato alla copertura totale dopo i tagli imposti dalla giunta precedente.