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Le scuole paritarie al collasso?

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“La possibilità che in Italia coesistano istituzioni scolastiche non statali è garanzia di libertà, di pluralismo, e di democrazia; la loro presenza, poi, non si pone in termini di antagonismo e ostilità rispetto alla scuola statale ma, piuttosto, di reciprocità, collaborazione e sinergia perché entrambe svolgono una funzione pubblica per il bene comune”. Mons Francesco Moraglia, patriarca di Venezia, alla IV Conferenza sulla scuola e sulla formazione professionale, nell’ambito del Festival della Dottrina Sociale di Verona, ribadisce anche l’“effettivo e concreto riconoscimento della parità scolastica, in particolare sul piano economico”.
“Nel nostro Paese – ha sottolineato – le scuole paritarie educano circa il 10% della popolazione scolastica, ma ricevono dallo Stato solo l’1% della quota stanziata per gli istituti. E nelle nostre regioni questi numeri diventano ancora più rilevanti poiché nel Veneto, ad esempio, frequenta una scuola paritaria il 20% degli allievi che diventano addirittura i 2/3 del totale nelle scuole per l’infanzia”.
“Se il costo medio annuo per ogni alunno della scuola statale – ha puntualizzato Moraglia – arriva a sfiorare i 7.000 euro, quello stanziato dall’erario per ogni alunno delle scuole paritarie è attorno, solamente, ai 500 euro. Emerge un dato certo e inequivocabile: in media ogni allievo di scuola statale costa allo Stato una somma di almeno 10 volte superiore – volendo stare “bassi” – rispetto ad un coetaneo iscritto alla scuola paritaria. E’ stato calcolato che le scuole paritarie – e in esse quelle di ispirazione cattolica sono la stragrande maggioranza – fanno risparmiare allo Stato non meno di 6 miliardi di euro l’anno”.
“Oggi non c’è più tempo da perdere e c’è bisogno di decisioni forti e urgenti. Siamo consapevoli di essere giunti ad un bivio: è importante che quanti rivestono una qualche autorità, politici e amministratori in primis, ed hanno a cuore il bene comune della scuola e della scuola paritaria cattolica dicano esplicitamente e senza mezze misure verso quale direzione vogliono andare e quali azioni intendano praticare perché non succeda l’irreparabile. Le buone intenzioni non bastano più”.
E poi l’allarme: “Ogni mese, ogni giorno, la situazione si aggrava ulteriormente e assistiamo impotenti alla progressiva chiusura di parecchie scuole. Il rischio del “collasso” di tutto il sistema educativo di istruzione e di formazione del nostro territorio è reale”.
“Non siamo a chiedere sconti o a rivendicare privilegi di parte ma siamo impegnati – concretamente, ogni giorno – per costruire il bene comune in quello che è uno degli ambiti più importanti del vivere sociale, l’educazione e la formazione, e che rappresenta, senza retorica, il futuro delle nostre comunità”.
Per il presidente della Regione, Luca Zaia, in Veneto, “in materia d’istruzione, la Costituzione non è rispettata, perché senza la preziosa presenza delle scuole Paritarie non tutti i nostri ragazzi avrebbero lo stesso diritto d’accesso alla formazione e i costi andrebbero al collasso”.
Intervenuto anche lui a Verona, alla giornata conclusiva del Festival della Dottrina Sociale della Chiesa dedicata all’istruzione, ha ricordato che nel Veneto “accedono alle scuole paritarie 91.500 ragazzi ai quali viene data una risposta formativa di qualità venendo incontro a bisogni delle loro famiglie, ma là fuori qualcuno sembra non capirlo”.
“Come Regione – ha proseguito – confermiamo in pieno la nostra parte e abbiamo stanziato 21 milioni anche in questo anno di grandi difficoltà, ma sembra che siamo gli unici a mantenere la parola”.
“Se lo Stato pagasse in proprio le spese indicate nei loro scandalosi ‘costi standard’ – ha aggiunto – spenderebbe 535 milioni di euro. In Veneto, lo ribadisco, la Costituzione in questo settore non è rispettata, perché oltre che spendere una follia, le scuole statali non sarebbero in grado di accogliere i 91.500 ragazzi assistiti oggi dalla paritarie”.
“Anche in questo caso – ha concluso – ricordo che con 21 milioni di euro di tasse versate a Roma il Veneto è una delle poche Regioni ad avere un grosso residuo fiscale attivo, che deve tornare a servire per la nostra gente e che, applicando a livello nazionale i criteri di buon amministrazione adottati in Veneto, si risparmierebbero la bellezza di 30 miliardi l’anno”.