Home Attualità Leone XIV, un pontificato sotto il segno della dottrina sociale

Leone XIV, un pontificato sotto il segno della dottrina sociale

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Prima di Prevost, l’ultimo pontefice che ha assunto il nome di Leone è stato Papa Pecci, passato alla storia come il Papa della “dottrina sociale”.
“Rerum novarum”, delle cose nuove, è l’enciclica da lui scritta nel 1891, con la quale si fa iniziare la dottrina sociale della Chiesa dei tempi moderni e contemporanei. Vale a dire, quel corpus di documenti magisteriali della Chiesa cattolica che propone una interpretazione della società umana alla luce del Vangelo.
È una convenzione, comunque. Perché è il messaggio evangelico in radice a riguardare la società, con la proposta di una salvezza essenzialmente legata alla soddisfazione di bisogni umani e materiali, come la fame, la sete, o l’accoglienza del forestiero (si legge in Matteo 25-23: «Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi»). Il contenuto di queste indicazioni evangeliche, che rappresentano la grammatica di un’etica di “vita buona” ben al di là delle appartenenze di fede, può dirsi rappresentare oggi il nucleo essenziale dei diritti umani riconosciuti nella comunità internazionale in quanto “diritti sociali”.

Così, i cristiani sono consapevoli di non poter sganciare l’imperativo etico ad una vita buona, inteso anche in termini socratici e kantiani, dalla responsabilità della vita comune. Questa consapevolezza per la Chiesa cattolica trova nella “Rerum novarum” di Leone XIII un punto fermo, come tale riconosciuto dal magistero dei pontefici successivi. Ma l’impostazione di fondo di una società naturalmente diseguale, tra ricchi e poveri, padroni e servi, uomini e donne, è ormai superata, ricorda lo stesso Concilio Vaticano II. Provvidenzialmente, è il caso di dire.
Quella umana non è più interpretata quale società diseguale, bensì società eguale per volontà divina, mentre secondo Leone XIII le donne sono ancora il «sesso debole» e presentano una «naturale corrispondenza» con il «benessere della casa», il focolare domestico. Inoltre, la condanna del socialismo e l’idea della proprietà privata come diritto naturale rappresentano ai nostri giorni la radice di un sistema economico capitalistico «che uccide», nelle parole Papa Francesco. Ma, per fortuna, la proprietà privata non è più un dogma neanche per l’ordinamento dello Stato: la Costituzione italiana la funzionalizza alla dignità della persona umana.
Quindi, che cosa rimane della lezione della “Rerum novarum”? I motivi che l’hanno ispirata: la scelta di Leone XIII di guardare alla realtà sociale e di proporne una interpretazione; di interessarsi delle “cose” degli uomini e delle donne, perché in esse– e solo in esse – si trovano quelle di Dio. Questi stessi motivi ispiratori non possono che essere alla base anche del magistero di Leone XIV, con analisi, letture e proposte necessariamente discontinue

(*) Luigi Mariano Guzzo è professore di Diritto canonico all’Università di Pisa