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Licenziabilità dei supplenti, dubbi di costituzionalità

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Sarà la magistratura di legittimità a mettere la parola fine all’annosa querelle dei precari della scuola. Questa volta, però, è il turno della Corte costituzionale, che dovrà pronunciarsi su una questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Torino, circa la possibilità o meno di trasformare, automaticamente e dopo una certo periodo di tempo, il rapporto di lavoro dei supplenti da tempo determinato a tempo indeterminato, così come avviene nel settore privato.
Ecco il fatto.
I ricorrenti, tutti da anni in servizio quali insegnanti di scuola secondaria presso il Provveditorato agli studi di Torino, in forza di successivi contratti di lavoro di durata annuale, hanno chiesto, infatti, che il giudice accerti e dichiari il loro diritto ad essere considerati dipendenti a tempo indeterminato dell’amministrazione della pubblica istruzione, con le consequenziali statuizioni in punto riconoscimento di un trattamento economico variabile nel tempo e connesso all’attività maturata, con la conseguente condanna dell’amministrazione a corrispondere loro le differenze stipendiali da determinarsi a seguito di consulenza tecnica d’ufficio.

La loro pretesa, non ulteriormente specificata quanto a limiti temporali, è fondata sulla base del disposto degli art. 1 e 2 della legge n. 230 del 18 aprile 1962 che, secondo la tesi attorea, sarebbe direttamente applicabile nei loro confronti, a seguito della cosiddetta privatizzazione del pubblico impiego, di cui al D.L.vo n. 29 del 3 febbraio 1993, così come modificato dal D.L.vo n. 80 del 31 marzo 1998. Richiamano in particolare il VII comma dell’art 36 del D.L.vo. n 29/93, quale risultante dopo la modifica apportata dall’art 22 del D.L.vo n. 80 del 1998, in particolare là dove si prevede che le pubbliche amministrazioni si avvalgano "delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa". La seconda parte della norma, inoltre, sancisce che "i contratti collettivi nazionali provvedono a disciplinare la materia dei contratti a tempo determinato, …., in applicazione di quanto previsto dalla legge 18 aprile 1962, n 230". Dal complesso delle disposizioni di cui al VII comma dell’art. 36 del D.L.vo n. 29/93, i ricorrenti deducono la piena applicabilità ai rapporti di pubblico impiego, a partire dal 30 giugno 1998, della legge n. 230/1962, ed in particolare degli art 1 e 2 che, per un verso, prevedono che il rapporto di lavoro subordinato sia normalmente a tempo indeterminato, e per altro sanciscono in presenza di specifici presupposti, anche dopo la modifica apportata dall’art. 12 della legge n. 196 del 24 giugno 1997 la conversione del contratto di lavoro a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato. Di qui la decisione del giudice del lavoro di rimettere gli atti alla Corte costituzionale, che valuterà la fondatezza della questione di legittimità.


Per visionare l’
Ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale clicca sul link