Critiche ai sindacati sono piovute anche per i modesti risultati ottenuti di recente e culminati con il modestissimo aumento di contratto dello scorso dicembre: “oltre la metà (55,4%) ritiene che rispetto alle battaglie degli ultimi anni i sindacati della scuola non abbiamo ottenuto risultati significativi”.
Valutazioni in maggioranza insufficienti arrivano anche dai docenti iscritti ai sindacati dove il 60% è poco soddisfatto della loro azione come `rappresentante degli interessi dei docenti’ (percentuale che raggiunge il 75% tra i non iscritti) ed il 37% dei docenti nel complesso ritiene che manchi del tutto un interlocutore per la tutela professionale.
Il giudizio è ulteriormente sfavorevole se si considera che l’86,5% dei docenti ritiene sia necessario un nuovo modello di rappresentanza, anche se declinando tale necessità occorre considerare che il 46,5% pensa si debba rivedere solo in parte il modello attuale mentre il restante 40% esprime una bocciatura completa richiedendo un modello radicalmente diverso.
Dalla ricerca risulta anche che i docenti italiani vorrebbero un possibile nuovo organismo di rappresentanza in grado di fornirgli servizi di formazione professionale (54% sulla risposta multipla) ed informazione (48,8%).
Secondo Giorgio Rembado, presidente Associazione nazionale presidi, questi risultati ci dicono che “è ormai da tempo in atto una crisi profonda del sindacato tradizionale” perché questo “non corrisponde più alle esigenze espresse dal corpo docente e non è in grado di assumere il ruolo che i professionisti oggi richiedono”. Per questo motivo, sottolinea Rembado, “c’è bisogno di un nuovo modello di rappresentanza, della costruzione per i docenti del `sindacato che non c’è’, come sosteniamo da qualche anno”.
La tesi di Rembado è sostenuta anche da Giorgio De Rita, amministratore delegato di Nomisma, secondo cui “l’allontanamento tra gli insegnanti e i loro tradizionali rappresentanti – ha detto l’ad dell’istituto che ha realizzato la ricerca in base al quale si invitano le autorità competenti a `ripensare radicalmente il sistema scolastico italiano’ – testimonia la scarsa capacità dei secondi di accompagnare i processi di riforma”.
La ricerca ha affrontato più sfaccettature sul miglioramento della professione: oltre cinque docenti su dieci darebbero modo ai più meritevoli di concentrarsi sulla qualità del lavoro. Ciò permetterebbe, ha fatto rivelare il 66% del campione, l’introduzione della valutazione della carriera basata sul merito del singolo.
E per oltre il 67% degli insegnanti un indicatore importante su cui basare almeno parte del giudizio su docenti e istituti potrebbe essere rappresentato dal livello di apprendimento degli studenti. L’adozione di un meccanismo in grado di misurare l’apporto individuale dei singoli docenti diventa al tempo stesso il collegamento per l’introduzione di un sistema di differenziazione retributiva, per cui il 57% dei docenti è convinto della necessità.
La ricerca è andata a verificare come la prenderebbero i docenti se fosse il capo d’istituto scegliere, almeno in parte, quali supplenti o nuovi docenti assumere (bypassando le graduatorie): e un docente su quattro ha detto che non disdegnerebbe il reclutamento diretto. Tre sono gli interventi urgenti più auspicati dai docenti per il sistema scolastico italiano: riorganizzazione degli ordinamenti (il 30% degli insegnanti lo segnala come azione prioritaria), piena attuazione dell’autonomia scolastica (25%) e valutazione nazionale delle scuole (20%).
Interpellati specificatamente su come migliorare la loro professione, gli oltre 5mila docenti hanno invece indicato il riconoscimento del merito (citato dal 30,4%), l’aggiornamento continuo di metodologie e strumenti didattici (22,7%) – che è espressione di una seria formazione professionale durante tutta la carriera – e la valutazione dei risultati (15,2%) anche attraverso un sistema nazionale di verifica delle competenze degli studenti.
“Dal lavoro di ricerca – ha concluso Giorgio De Rita, amministratore delegato di Nomisma – emerge la figura di un docente che crede nel suo lavoro, nel suo ruolo, nella possibilità di giungere ad una reale riforma della scuola, di una professione che, in primo luogo, ancora scommette su sé stessa, ad esempio quando afferma che la riforma degli ordinamenti è prioritaria tra gli interventi più urgenti”.