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Matematica, troppi studenti fanno fatica a studiarla: piccole dosi di corrente elettrica al cervello sembra che ne migliorino apprendimento e memoria

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La matematica non sarà mai il mio lavoro”: così cantava Antonello Venditti nella sua “”Notte prima degli esami”. Non è un caso che la citazione della disciplina del cantautore si riferisse alla “bestia nera” di oltre la metà degli studenti. Tanti, tantissimi, tra loro sono costretti a ricorrere alle ripetizioni private. Ma c’è anche chi studia potenziamenti alternativi. Come l’Università del Surrey, nel Sud Est dell’Inghilterra, dove 72 adulti sani hanno partecipato a un programma di formazione matematica della durata di cinque giorni: 24 di loro, scrive l’Ansa, hanno ricevuto una forma di stimolazione cerebrale, nota come stimolazione transcranica (tRNS) alla dlPFC; altri 24 adulti hanno invece ricevuto la tRNS sulla corteccia parietale posteriore e 24 hanno ricevuto una versione placebo (fittizia) del trattamento.

Questo ha permesso ai ricercatori di confrontare gli effetti della tRNS in diverse regioni cerebrali con quelli del gruppo placebo: ebbene, lo studio ha dimostrato, tramite scansioni cerebrali, che gli individui con una maggiore connettività cerebrale tra la dlPFC e la corteccia parietale posteriore ottengono risultati migliori nei compiti di apprendimento della matematica. Hanno poi dimostrato che la tRNS sulla dlPFC migliora significativamente i risultati di apprendimento degli individui con una minore connettività cerebrale naturale tra questa regione e la corteccia parietale posteriore, un profilo neurobiologico associato a un apprendimento più scarso.

In conclusione, per i ricercatori inglesi se si “mira” dall’esterno a una specifica area cerebrale si possono rinforzare le capacità matematiche, specie nei casi di difficoltà con la materia: lo studio, pubblicato su PLoS Biology, mostra infatti che l’applicazione non invasiva di piccole correnti elettriche indolori alla corteccia prefrontale dorsolaterale (dlPFC) – una regione coinvolta nell’apprendimento e nella memoria, nella concentrazione e nella risoluzione dei problemi – ha aiutato fattivamente un gruppo di persone di 18-30 anni a risolvere problemi di matematica in modo più efficiente.

Secondo Roi Cohen Kadosh, autore principale dello studio, “finora, la maggior parte degli sforzi per migliorare l’istruzione si è concentrata sul cambiamento dell’ambiente, formazione degli insegnanti, riprogettazione dei programmi di studio, trascurando in gran parte la neurobiologia dello studente. Tuttavia, un numero crescente di ricerche ha dimostrato che i fattori biologici spesso spiegano i risultati scolastici in matematica in modo più efficace rispetto a quelli ambientali”.

“Integrando le conoscenze della psicologia, delle neuroscienze e dell’educazione per sviluppare tecniche innovative che affrontino questi limiti neurobiologici, possiamo aiutare più persone a raggiungere il loro potenziale, ampliare l’accesso a percorsi professionali diversificati e ridurre le disuguaglianze a lungo termine in termini di reddito, salute e benessere”, ha concluso il ricercatore accademico.