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Maturità a 17 anni, non è solo un’idea di Rossi Doria: già pronto un ddl

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Quella di ridurre di un anno il percorso di studi scolastico, anticipando per tutti gli studenti la maturità a 17 anni, non era un’idea personale del sottosegretario all’Istruzione Marco Rossi Doria: da indiscrezioni sempre più insistenti risulta che l’ipotesi sarebbe caldeggiata anche dal ministro Francesco Profumo, al punto che è stata già tradotta in un progetto di legge che entro un paio di settimane potrebbe già ricevere l’ok dal Consiglio dei ministri. Ed avere quindi molte più possibilità di essere trasformato in legge, poiché introdotto attraverso una corsia preferenziale.
Secondo i promotori, l’iniziativa allineerebbe l’Italia in fatto di durata degli studi ai più moderni Paesi. Non la pensano così i sindacati, che all’unisono hanno posto subito i loro veti verso un riduzione che dopo le riforme Gelmini, contrassegnate dal taglio di ore e copresenze, priverebbe ulteriormente gli alunni italiani del tempo scuola. E i lavoratori del comparto di almeno 60 mila posti (tra docenti e personale Ata). Che aggiunti a quelli tagliati a seguito dell’approvazione della Legge 133/2008 potrebbero così arrivare a quota 200mila.
Il volere dei sindacati, però, non sarà decisivo. A fare da ago della bilancia, con la maggioranza sicuramente disgregata su un argomento poco vicino alla politica e più attinente a logiche culturali-personali, sarà così l’opposizione parlamentare. Che non sembra disdegnare la proposta. In cambio, però, dell’approvazione di quell’organico funzionale, da tempo acclamato dai rappresentanti lavoratori, che salverebbe, di fatto, i 60mila lavoratori che andrebbero in esubero. Grazie, infatti, alla formulazione triennale dei carichi di personale, chi dovesse perdere la titolarità potrebbe rimanere in “sella” grazie ad una sorta di bonus della durata di tre anni scolastici che non fa scattare i trasferimenti perché slega l’assioma titolarità-posto libero.
Terminato il triennio, il dipendente (docente o Ata) avrebbe comunque alte possibilità di rimanere titolare attraverso la conferma dello stesso organico maggiorato, rispetto alle reali necessità, ed anche perché nel frattempo qualche collega potrebbe essere andato in pensione. Di questo parere sembra essere Francesca Puglisi, responsabile Scuola del Partito democratico, secondo cui “sarebbe giusto ridurre il percorso di istruzione a 12 anni per permettere ai ragazzi e alle ragazze italiane di non dover scontare un anno di ritardo rispetto ai propri coetanei europei, ma chiediamo al Ministro di discutere questo obiettivo coinvolgendo in modo ampio tutto il mondo della scuola e il Parlamento. E soprattutto – sostiene l’esponente del Pd – chiediamo che il taglio di un anno di istruzione non si traduca in un taglio degli organici per fare cassa, ma che il personale venga utilizzato per eliminare le ‘classi pollaio’, per ampliare l’organico per rispondere ai bisogni dell’offerta formativa delle scuole autonome e restituire il tempo tagliato dal precedente governo alla primaria e alla secondaria di primo grado, incrementando anche le attività di laboratorio e di lotta alla dispersione scolastica”.
Insomma, se la cancellazione del quinto superiore dovesse servire per ridurre ulteriormente le spese per il comparto, il provvedimento non avrebbe molte possibilità di diventare legge. Se invece sarebbe solo una necessità di allineare il sistema di studi nazionale a quello degli altri Paesi – ad iniziare dalle vicine Francia e Germania, per non parlare di India, Cina e Brasile – , riducendo solo un po’ le spese generali, allora il discorso diventerebbe serio. E le chance di vedere anticipata la maturità al termine del quarto anno delle superori salirebbero vertiginosamente. Riuscendo nell’impresa di centrare in poco più di un anno quello che gli ex ministri Berlinguer e Moratti non sono riusciti a fare con un intera legislatura a disposizione.