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Maturità: con i privatisti aumentano i “diplomi facili”

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Un altro fatto di cronaca legato al “facile” rilascio dei diplomi di maturità: stavolta la vicenda riguarda l’arresto di un dirigente scolastico di un istituto superiore di Isola Liri, vicino Frosinone, accusato di aver facilitato, dietro pagamento, l’acquisizione del diploma di maturità a decine di privatisti che partecipavano all’esame di stato: per una cifra che si aggirava tra i cinquecento e i cinquemila euro, a seconda della preparazione del candidato privatista che si presentava davanti alla commissione d’esame, infatti, la preside sembra che assicurasse l’acquisizione del titolo di studio. Una vicenda che segue di pochi mesi quella vissuta nelle più lontane province di Catania e Ragusa, dove in cambio di cifre, stavolta molto più vicine ai cinquemila euro, era ormai abitudine per i giovani interessati acquisire il diploma di ragioniere o geometra presso istituti privati. E risale ad appena un anno fa l’operazione “diplomi non problem”, avviata dalla Procura di Verona sempre a seguito di denunce per i diplomifici, che portò all’esecuzione di 23 misure cautelari, di cui 15 a Roma, nei confronti di gestori, presidi e insegnanti di 40 scuole, anche paritarie, sparse in 11 regioni italiane:
Le vicende di cronaca inducono quindi a pensare che negli ultimi anni la tendenza alle truffe attorno ai diplomi di maturità sia in aumento. Secondo i sindacati Confederali della scuola il motivo di questo andamento sarebbe da accreditarsi, oltre ad una serie di motivazioni di devianza sociale, anche alla rinnovata composizione delle commissioni d’esame, oramai trasformate in una sorta di Consigli di classe allargati con il Presidente esterno a fare da garante.
La riforma degli esami, introdotta durante l’attuale legislatura, nel settembre 2001, attraverso un intervento nella Finanziaria per ridurre le spese nel comparto scuola, che ha modificato la legge 425/97 sugli esami dell’ex ministro Berlinguer, ha in effetti avuto l’immediata conseguenza di far moltiplicare il numero di privatisti. I numeri parlano chiaro: nel 2001 gli studenti che chiedevano di sostenere la maturità come non frequentanti erano meno di mille (1,7%), mentre nell’anno scolastico 2002/2003 il loro numero era salito quasi novemila (15,83%) “Nel 2004 – spiegano dalla Flc-Cgil – la presenza media di candidati esterni è salita a circa il 18% circa sul totale dei partecipanti alla maturità nelle scuole paritarie, con picchi elevati nel Lazio (7.324 candidati) e in Sicilia (3.459), ossia con percentuali che superano il 45%”.
Di fronte a certi dati è difficile pensare ad una casualità: “Al di là degli scandali per le truffe durante gli esami di maturità – dice Massimo Di Menna, segretario nazionale della Uil scuola – è fuori dubbio che la formula delle commissioni interne non faccia altro che rendere meno rigoroso il sistema scolastico. In questo modo si indebolisce la valenza del titolo di studio, inteso sempre più come semplice certificazione, ed allo stesso tempo si complica il lavoro degli insegnanti e dequalifica la formazione penalizzando il merito. Il passo precedente in questa direzione, tesa a sminuire le competenze, era stato quello del ministro D’Onofrio con l’abolizione degli esami di riparazione, sostituiti dal sistema dei debiti”.
Per la Uil è indispensabile, quindi, affrontare sin del prossimo Governo questo problema, che va di pari passo con quello dell’innalzamento della qualità dell’intero sistema scolastico: “Credo – continua Di Menna – che sarà la vera emergenza dalla prossima legislatura. Negli ultimi anni le statistiche dicono che è ormai sempre più difficile sganciarsi dalla propria posizione sociale: le professioni più ambite sono un terreno per pochi eletti, spesso figli dei professionisti che già svolgono questi mestieri. Esistono già oggi in Italia realtà positive: la scorsa settimana ho visitato un liceo di Belluno, da dove a tutt’oggi escono studenti destinati a comporre la futura classe imprenditoriale. Rimane però il fatto che queste realtà rappresentano la minoranza”.
Secondo il segretario della Uil rispetto a qualche decina di anni fa, quando il titolo di studio acquisito con merito era un ottimo trampolino di lancio per la carriera professionale, oggi “è sempre più difficile sganciarsi possibilità di elevarsi socialmente. Se il nostro Paese vuole investire in innovazione è giunto il momento di dare di più, in termini di risorse, alla scuola e quindi nella preparazione dei giovani. Le riforme in atto hanno solo sfiorato questi temi. Per affrontarli seriamente, e credo che questo sarà il leit motive della prossima legislatura, sarà indispensabile realizzare una serie di monitoraggi nazionali, tra cui anche uno studio delle attuali commissioni e formule organizzative che portano alla maturità. Occorrerà infatti ridare al titolo di studio – conclude Di Menna – la sua reale valenza: è sbagliato concepire l’istruzione come un servizio a domanda, una merce che si può privatizzare e addirittura comprare”.