Home Attualità Meno figli, più tagli alla scuola: lo strano annuncio del ministro Giorgetti...

Meno figli, più tagli alla scuola: lo strano annuncio del ministro Giorgetti che parla di Istruzione di qualità con meno soldi. Sindacati indignati

CONDIVIDI

I tagli alla scuola previsti dagli ultimi Documenti di economia e finanza preparati dal Mef, confermati nel 2025, trovano ora spazio anche nelle parole del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti: parlando il 18 giugno in audizione presso la Commissione d’inchiesta sulla transizione demografica, il titolare del Mef ha definito “spietati” i numeri delle aree del Paese che “si svuotano”, di comunità “che muoiono”.

Dopo avere accusato la politica degli ultimi decenni di non trattare il problema come meriterebbe, anzi addirittura di accantonarlo, Giorgetti ha detto che si sta andando verso una crescita esponenziale di necessità assistenziali, sanitarie e previdenziali. E questo processo peserà per forza di cose sui conti pubblici, a partire dal debito.

I numeri

I numeri snocciolati da Giorgetti sono inequivocabili. Nel 2024, la fecondità è rimasta stabile al Centro rispetto all’anno precedente (1,12), ma il Mezzogiorno e il Nord hanno sperimentato una contrazione; in particolare, il Mezzogiorno ha raggiunto un nuovo punto di minimo (1,20), mentre il Nord si attesta a 1,19.

Inoltre, ha specificato il ministro dell’Economia, al Sud la popolazione potrebbe calare di 3,4 milioni di abitanti entro il 2050 e di ben 7,9 milioni entro il 2080.

Il Ministro ha quindi ricordato che occorre stimolare l’azione politica, non solo con interventi diretti e immediati, come le misure fiscali, i bonus o la revisione dell’Isee, ma anche con un cambiamento di impostazione. A partire da realtà come quelle dell’Istruzione.

Le conseguenze sulla scuola

Il “declino demografico – ha continuato il Ministro – ha determinato già una rilevante perdita di studenti: tra l’anno scolastico 2018/2019 e 2022/2023 si conta una riduzione del 5,2 per cento degli studenti. Il calo riguarda in particolare, la scuola dell’infanzia e la scuola primaria e viene parzialmente per ora compensato dal progressivo incremento degli iscritti con cittadinanza straniera e del tasso di scolarità nella fascia dei 15-19enni”.

Tuttavia, Giorgetti ha sottolineato che “il calo sulle scuole primarie si estenderà via via agli altri gradi” e questo processo demografico in netta perdita induce il Governo “a un ripensamento in chiave prospettiva delle strutture, del personale e della spesa che nel futuro sarà assegnata all’istruzione”.

Quindi, il ministro a capo del Mef ha spiegato che “per tutte queste tre variabili, considerando il loro ridimensionamento quantitativo, sarà necessario puntare a una migliore qualità” del comparto della Conoscenza.

Le conseguenze sulle migrazioni

Un’altra problematica ancora è quella dei flussi migratori, non solo in entrata, di cui si parla molto, ma anche in uscita, per i giovani che vanno a lavorare all’estero dopo essersi formati in Italia e per chi sposta la residenza attratto da condizioni fiscali più favorevoli.

La situazione è arrivata ad un punto che l’Unione europea non può più continuare a rimanere inerme: altrimenti, si andrà verso una sicura una polarizzazione tra Paesi più o meno ricchi.

Le reazioni

“Qualsiasi intenzione che lascia intendere una riduzione degli investimenti nell’istruzione deve essere accolta con la massima preoccupazione“, ha replicato il segretario generale della Uil Scuola Rua, Giuseppe D’Aprile.

Meno alunni non significa meno bisogno di insegnanti, ma più possibilità di fare buona scuola – ha sottolineato il sindacalista – invece, si continua a tagliare, a comprimere, a intervenire solo sulla base della spesa, non dei bisogni educativi”.

La strada da intraprendere, secondo D’Aprile, sarebbe invece quella che porta verso “classi meno numerose, maggiore personalizzazione dell’insegnamento, miglioramento del clima educativo, maggiore attenzione agli alunni fragili, potenziamento del tempo scuola. Tutti obiettivi possibili, solo se si decidesse di ridurre il numero degli alunni per classe”.

Questo genere di scuola, con classi formate da meno alunni, sarebbe anche un’occasione, termina il sindacalista a capo della Uil Scuola, “per valorizzare ancora di più il lavoro dell’insegnante. Continuare a parlare di qualità mentre si riducono le risorse è una contraddizione evidente. La denatalità deve essere vista come un’opportunità. Serve una visione prospettica, non calcoli ragionieristici. Serve coraggio, non tagli“, ha chiosto D’Aprile.

Anche Gianna Fracassi, segretaria generale della Flc-Cgil, ha molto da ridire sulle dichiarazioni de ministro dell’Economia e delle Finanze: “Noi la pensiamo in modo diverso”, esordisce Fracassi, perché la riduzione di alunni sarebbe “una buona occasione per fare altri ripensamenti: si dovrebbe”, ad esempio, “non ridimensionare le scuole che sono presidio di cultura e legalità in ogni angolo del Paese e aumentare la spesa in istruzione: l’Italia spende solo il 4% del suo PIL, mentre la media OCSE è pari al 4,9%“.   

 Come “si dovrebbe pagare il dovuto al personale e smettere con aumenti di stipendio che non recuperano nemmeno l’inflazione; eliminare il precariato, vera piaga che pesa sulle vite delle persone e sulla qualità dell’offerta formativa; favorire l’accoglienza delle famiglie straniere in maniera regolata rimodulando l’acquisizione del diritto alla cittadinanza e aumentare in tutto il Paese il tempo scuola”.   

“Risulta ingannevole ogni altra prospettiva, come pare essere quella del ministro, nel tentativo di associare al ridimensionamento delle strutture, del personale e della spesa l’idea del miglioramento della qualità. La verità – ha concluso Fracassi – è una sola: meno spesa, meno qualità. E a questa prospettiva la Flc Cgil non ci sta”.