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Metodo Montessori e docenti come “guide silenziose”: come applicarlo in classe e perché “sbagliare non è sbagliato”

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Riceviamo e volentieri pubblichiamo un contributo di Giovanni Cogliandro, dirigente scolastico e docente universitario, e di Giorgia Capparucci, insegnante, in merito alla gestione degli errori e all’importanza di imparare a sbagliare, sulla scia dell’insegnamento di Maria Montessori.

Autonomia

Nell’attuale momento storico, in cui sono sempre più evidenti le fragilità e le insicurezze dei preadolescenti, che rendono loro difficile affrontare in autonomia gli errori e le frustrazioni, può essere interessante rivalutare e cogliere alcuni spunti educativi tipici del metodo Montessori per ripensare la didattica nel contesto della scuola pubblica.

Maria Montessori, medico e pediatra, ha dedicato la sua vita alla strutturazione di un approccio educativo innovativo che vede i bambini al centro del processo formativo, valorizzando e dando fiducia alla loro capacità di apprendere in autonomia.

Montessori credeva fortemente nel concetto dell’autonomia come characteristica della nuova didattica, un concetto messo al centro del pensiero da Kant e che Montessori descrive con l’invocazione poi divenuta quasi liturgica “aiutami a fare da solo”, espressione icastica fondante del suo approccio pedagogico, che vuole i bambini liberi di apprendere, di scoprire il mondo e soprattutto di sbagliare, avendo sempre come guida silenziosa la figura dell’adulto.

Guida silenziosa

Proprio il concetto di guida silenziosa può assurgere a peculiare rilevanza oggi, nella società evanescente delle non-cose (Byung Chul-Han) e del rumore senza senso (Cogliandro), potrebbe essere la chiave per famiglie e docenti per ridare fiducia ai bambini, invece di risolvere le difficoltà al loro posto, insinuando il pensiero – letale per lo sviluppo della loro autonomia – di non essere capaci. Nella società dell’immediatezza in cui viviamo, siamo soliti ricevere informazioni istantanee e spesso superficiali. Siamo purtroppo abituati alla troppa velocità e ad una finta perfezione che non lascia margine all’errore e questo, per le nuove generazioni, può essere preoccupante. A questo si aggiunge anche l’eccessivo atteggiamento protettivo delle famiglie e la tendenza a custodire i propri figli in una bolla di vetro, risolvendo i problemi al loro posto.

Sbagliare non è sbagliato

Questo approccio, seppur comprensibile, è dettato da una paura sovente irrazionale, e soprattutto tende ad insinuare nel bambino il pensiero di non essere in grado di farcela da solo e soprattutto che “sbagliare è sbagliato”. Lo si riscontra anche nella quotidianità scolastica: quando un alunno non riesce a comprendere immediatamente una consegna o non riesce ad eseguire subito il compito assegnato, di solito si rifugia in frasi quali: “non ci riesco”, “non lo so fare” e chiede immediatamente l’intervento e l’aiuto dell’adulto. Appare evidente quindi che i bambini delle nuove generazioni non riescono ad affrontare adeguatamente il fallimento; gli adulti di domani potrebbero quindi risultare poco ambiziosi ed intraprendenti, bloccati dal timore di sbagliare o di non riuscire nei loro obiettivi e progetti di vita e professionali. Di contro, il metodo Montessori tende a stimolare curiosità, concentrazione e interesse verso l’apprendimento e la scoperta di cose nuove, attraverso l’utilizzo di ambienti strutturati, in cui il bambino è lasciato libero di sperimentare e sbagliare in autonomia. Con l’ausilio di materiali auto correttivi e attività che rispettano i tempi e stimolano gli interessi, il bambino si forma mantenendo solida la fiducia in sé stesso, nelle proprie capacità, senza andare in frustrazione al verificarsi dell’errore ma imparando da questo.

Alla luce di quanto sopra, il metodo montessoriano potrebbe essere integrato nelle pratiche dei docenti che non aderiscono alla formazione istituzionalizzata del suddetto metodo, restituire valore al tempo, all’errore e alla pazienza. Con questo approccio i bambini imparano a non arrendersi subito, ad avere fiducia nelle proprie capacità e a provare piacere nello scoprire da soli.

Qualche nota critica

Tuttavia però, è importante anche guardare alle difficoltà e ai limiti di applicazione del metodo nella scuola statale. Innanzitutto è indispensabile una precisa organizzazione degli spazi, la presenza di materiali specifici e la formazione degli insegnanti che richiedono grandi risorse economiche e tempi molto più lunghi rispetto a quelli di cui la scuola statale dispone.

Inoltre, il metodo si focalizza molto sulla scoperta individuale del bambino ma si mostra a volte carente per quel che riguarda l’aspetto della socializzazione e dell’interazione, soprattutto per bambini che hanno bisogno di lavorare sulle relazioni con i pari.

Un’altra criticità riguarda la flessibilità richiesta agli insegnanti e alle famiglie, che dovrebbero riuscire ad assumere la posizione di guide silenziose, lasciando liberi i bambini di fare e di sbagliare da soli.

Bisogna inoltre sottolineare che non tutti gli alunni rispondono allo stesso modo a questo approccio. Alcuni, in particolare bambini con disabilità o con esigenze educative speciali, potrebbero aver bisogno di modalità più strutturate e personalizzate o potrebbero aver bisogno di una maggiore presenza di un adulto nel loro processo di apprendimento.

Il metodo montessoriano dovrebbe quindi essere visto come una possibilità da valutare per migliorare il processo formativo, da adattare ai contesti e alla società odierna, uno spunto di riflessione per implementare una didattica che metta il bambino al centro del processo educativo, rafforzando la fiducia in sé stesso e nelle sue capacità, stimolando curiosità, interesse e piacere verso il sapere e la scoperta, nonché facendo crescere la gioia dello stare insieme a scuola.

Giovanni Cogliandro – Dirigente Scolastico e Docente Universitario di Filosofia Morale e Filosofia Politica

Giorgia Capparucci, insegnante