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Migliorare la competitività dell’Italia puntando sulla scuola

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Il Governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio è consapevole che il nostro sistema ha un apparato produttivo inadeguato: basta confrontare i dati di Usa Francia e Germania, che hanno aumentato, tra il 1995 e il 2000, la produttività oraria del 4,5%, 4,6% e 2,5% rispettivamente, a fronte di un modestissimo 0,9% italiano, praticamente fisso nel corrispondente quinquennio. Un altro dato rappresentativo è quello degli addetti per unità industriale, 6,3, che denota un’eccessiva frammentazione del tessuto produttivo, causa frenante dello sviluppo.
La diffusione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione non trova, nella ridotta scala dimensionale, e nell’assetto produttivo poco articolato delle imprese italiane, un terreno fertile alla riduzione dei costi e all’innalzamento della produttività.
Ecco la precisa indicazione di Fazio:

"Investimenti nella scuola secondaria e nell’istruzione universitaria sono indispensabili per rafforzare la preparazione in campo tecnico e scientifico delle nuove generazioni, in vista di una riorganizzazione dei processi produttivi, nell’industria e, in particolare, nel terziario, secondo criteri di maggiore flessibilità e di adattabilità ai mutamenti della domanda".

La scuola rappresenta, secondo Fazio, il fondamento di una politica economica indirizzata alla crescita del Paese e "…gli investimenti in istruzione consentono, dopo un limitato intervallo temporale, un tasso di rendimento, a livello individuale, non distante dalle due cifre. Il rendimento sociale può risultare molto più alto rispetto alla sola componente individuale".