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Mobbing del dirigente scolastico sul docente? Serve l’intento persecutorio. La sentenza della Cassazione

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La Corte di Cassazione, con la sentenza n.27110/2017, si è pronunciata in merito alla condotta di un dirigente scolastico di una scuola elementare nei confronti di una docente.

La vicenda

La docente di ruolo presso una scuola elementare, aveva adito il tribunale per avere contratto sindrome ansioso-depressiva-reattiva a causa del comportamento del dirigente scolastico, e di parte del personale, e di conseguenza, per richiedere la condanna del Miur al risarcimento dei danni da mobbing per condotte vessatorie subite.

In primo e secondo grado l’istanza veniva rigettata non ritenendo provati diversi degli episodi denunciati e ritenendo che nel caso di specie non fosse stata dimostrata l’esistenza di un sistema vessatorio ai danni dell’insegnante.

Dunque il quadro tratteggiato dalla docente appariva sproporzionato rispetto a quanto è realmente accaduto.

La sentenza della Cassazione

27110

I giudici della Cassazione, così come segnalato da Il Sole 24 Ore, confermavano quanto stabilito negli altri gradi di giudizio.

Ai fini di una condotta gravemente lesiva dei dipendenti devono sussistere una serie di comportamenti di carattere persecutorio – illeciti o anche leciti se considerati singolarmente – che, con intento vessatorio, siano posti in essere contro la vittima in modo  sistematico e prolungato nel tempo, direttamente da parte del datore di lavoro o di un suo preposto o anche da altri dipendenti, sottoposti al potere direttivo dei primi. Inoltre deve essere un evento lesivo della salute, della personalità o della dignità del dipendente e l’intento persecutorio che unifichi tutti i comportamenti lesivi.

Tutto questo deve essere provato dal lavoratore e ciò implica  la necessità di una valutazione rigorosa della sistematicità della condotta e della sussistenza dell’intento emulativo o persecutorio che deve sorreggerla.

Nel caso in esame non era stato provata la sussistenza dei comportamenti persecutori, con l’evento lesivo della salute o della dignità; la Cassazione, pertanto, nel rigettare il ricorso ritiene che la Corte d’Appello abbia fatto corretta applicazione di questi principi.