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Mobilità, non basta vincere la causa per ottenere la sede scelta dai giudici

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La mobilità ha creato non pochi problemi ai docenti e non bastano nemmeno i ricorsi per vedersi riconosciuti i propri diritti. Infatti, come riporta Italia Oggi, i professori che hanno vinto la causa contro il famigerato algoritmo rischiano di non vedersi comunque riconosciuti i propri diritti.

L’amministrazione ha dato esecuzione, in via provvisoria, alle pronunce cautelari e se non provvederà ad attuare le ordinanze, assegnando i docenti interessati agli ambiti di loro interesse, la mobilità, per loro, partirà dalla provincia di prima assegnazione e non da quella assegnata dai giudici.

La questione riguarda un migliaio di docenti immessi in ruolo per effetto del piano straordinario di assunzioni disposto dalla Legge 107/15. Con la mobilità si erano visti assegnati posti molto lontani malgrado avessero punteggi più alti rispetto ai colleghi. Dato che si tratta di pronunce cautelari – si legge – gli uffici scolastici hanno assegnato solo in via provvisoria l’ambito. Il Miur, però, non ha fatto ricorso.

 

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Pertanto l’astensione del Ministero tramuta le ordinanze cautelari in definitive. L’algoritmo, in effetti, ha prodotte delle situazioni incongruenti e l’amministrazione, ammettendo gli errori, ha cercato di sanarle tramite conciliazioni con gli interessati. Chi invece ha fatto ricorso è stato assegnato solo in via provvisoria.

Se il Miur non dovesse prendere atto tempestivamente delle ordinanze, i docenti vittoriosi dovranno presentare le domande di mobilità come se fosse ancora titolari nell’ambito assegnato loro in prima istanza.

Un problema non di poco conto. Facciamo un esempio: se è stato assegnato inizialmente in Piemonte e poi per effetto della decisione del giudice, è stato assegnato a un ambito della Sicilia, non potrà godere della seconda assegnazione, ma potrà partecipare solo alla mobilità interprovinciale.

E se la domanda di mobilità non fosse accolta? Il docente tornerà al punto di partenza come se nulla fosse successo. A meno di intentare nuove azioni legali nei confronti del Ministero.

 

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