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Novembre concorsuale? Pare di si e con le vecchie regole

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Ci sono meandri ministeriali difficili da penetrare e uno di questi riguarda proprio la proposta, annunciata dal ministro Profumo, di bandire un concorso per reclutare 12mila insegnanti da sistemare in tre anni, mentre 200mila precari, distribuiti fra le tre fasce dell’attesa, attendono sempre spiragli per la stabilizzazione. 
E’ vero che altre 12mila cattedre sarebbero a loro disposizione, su un totale di 24mila, ma nulla toglie ai supplenti annuali di partecipare a quegli altri, anche per allargare il loro ventaglio di possibilità dopo estenuanti attese odissiache per cui quando Itaca è sembrata a portata di mano, venti di recessione hanno riportato tutto in alto mare.
Il ministro tuttavia dice di blindare i concorsi ai soli già abilitati, lasciando fuori chi si abiliterà coi prossimi Tfa, ma senza tenere conto della storia e dei suoi insegnamenti, visto che tutti i precedenti concorsi, a cominciare da quelli per dirigente tecnico e finire a quelli per dirigente scolastico, hanno avuto miriadi di ricorsi al Tar e miriadi di sospensive con illegittime intromissioni rispetto ai dispositivi del bando stesso.
Precedenti dunque che dovrebbero mettere nell’avviso il ministro, se vuole evitare contenziosi, lungaggini, incertezze e caos nella scuola.
I concorsi infatti o si aprono a tutti o si mettono in campo strategie adeguate affinchè l’istruzione dei ragazzi, che è il bene comune primario, non subisca scivolamenti né intoppi.
E poi, come dice Domenico Pantaleo della Flc-Cgil, quale motivo c’è “per imporre a chi è già in una graduatoria destinata alle assunzioni di dover sostenere un altro concorso per aspirare agli stessi posti ai quali può già accedere?”
Fra l’altro gli attesi pensionamenti dei docenti, a causa della restrizione della legge Fornero, si sono ridotti sensibilmente per il motivo dei risparmi che però non sembrano preoccupare Profumo dal mettere in moto questa macchina esaminatrice ferocissima che dilapiderà qualche milione di euro. Somma che invece si potrebbe destinare per sanare almeno chi al 31 agosto del 2012 raggiunge i diritti inopinatamente bloccati al 31 dicembre del 2011; insegnanti questi che potrebbero lasciare liberi qualche altro migliaio di posti da destinare sia ai precari e sia ai nuovi abilitati.
Ma non solo. Non si capisce il motivo per cui si è voluto precedere a due diverse abilitazioni, che poi sono due diversi concorsi, per ottenere la cattedra, sovvertendo le precedenti procedure.
Si inizia con la preselzione per accedere ai Tfa a numero chiuso e quindi l’esame finale per abilitarsi; fatto questo, un successivo altro concorso per avere l’agognato posto: ma non è troppo?
A parte i costi sia degli aspiranti ai Tfa, calcolati attorno a 3mila Euro, e sia quelli a carico dello stato per pagare le commissioni con tutta l’organizzazione che c’è dietro. Ma non è troppo?
Ai primi anni novanta fu messa sul tappeto una proposta che a nostro personale avviso ci è sembrata sempre la migliore. Eccola.
Posto che il docente deve avere conoscenze d’altissimo profilo, chi vuole insegnare deve avere la laurea magistrale (3+2).
Sarà solo essa che consente di partecipare alle preselezioni (con relative prove attitudinali come avviene in polizia) per frequentare un biennio a numero chiuso sulla base dei posti realmente disponibili nell’arco di due anni per ciascuna regione, aumentati del 10%. Tutto si dovrebbe giocare proprio durante questa fase, perchè il corso biennale di studio dovrebbe prevedere solo discipline che abbiano attinenza con l’insegnamento e quindi con materie come la pedagogia, psicologia, didattica, con tutte le sue sfaccettature, nuove tecnologie, diritto e legislazione scolastica, compreso lo studio del contratto di lavoro, con diritti e doveri.
Un biennio universitario insomma vero e proprio, con piani di studi e esame finale e relativo voto.. La certificazione, a norma di costituzione, per cui per insegnare occorre un titolo superiore alla laurea, con specializzazione, può darla un presidente esterno nominato direttamente dal ministro. Certamente questi master post-universitari, aperti sulla base dei posti realmente liberi, dovrebbero derivare dalle esigenze di ciascuna regione.
Non crediamo invece, ma ci sbagliamo sicuramente, alla validità abilitante e taumaturgica dei tirocini e alla loro importante quintessenza di formazione del docente. Né Socrate né Giovanni Bosco ne seguirono e neanche Montessori; né tutta quella schiera di professori che hanno fatto della scuola italiana la migliore del mondo, checché se ne dica.