“Le bambine e i bambini devono essere interpretati come soggetti attivi, che chiamano in causa sempre il gruppo: serve un’ispirazione socio-costruttiva che lasci la possibilità al docente di costruire dei modelli didattici di senso, vicini alla realtà vicina e lontana agli alunni, sempre attenta all’inclusione. Invece, il modello di scuola proposto da queste Nuove indicazioni nazionali della scuola primaria è più incentrato sull’insegnamento, quindi sulle discipline, piuttosto che sull’apprendimento: in questo modo, il bambino diventa soggetto passivo”. A dichiararlo alla ‘Tecnica della Scuola’ è Anna D’Auria, del Movimento di cooperazione educazione nato nel 1951 per produrre pedagogia popolare al fine di promuovere la formazione di tutti i giovani attraverso una curata progettazione didattica.
A margine di un convegno svolto alla Camera sul rinnovo delle linee guida prodotte dall’amministrazione scolastica per il primo ciclo, D’Auria sostiene che per favorire una corretta formazione bisognerebbe piuttosto “ispirarsi ad un modello di scuola laica, aperto, ispirato alla ricerca, con i bambini vissuti come soggetti attivi con capacità di analisi e lettura della realtà”.
“Tutte le associazioni del mondo della ricerca e della società civile – continua D’Auria – hanno grandi perplessità su queste indicazioni nazionali: ad esempio, la storia viene incentrata sull’identità nazionale, piuttosto che trasmettere uno spirito e un metodo storico critico che permetta ai bambini di sviluppare le competenze necessarie ad interpretare i fatti del mondo. Inoltre, l’immagine del docente è tarata sull’essere esecutore, con indicazioni a tratti prescrittive e contenuti metodologici, ben diversa dalla figura del 2012, invece centrata sull’insegnante riflessivo, in ricerca, in grado di costruire dei percorsi significativi, non da solo ma in collegialità con il team docenti”.
Secondo l’esponente del Movimento di cooperazione educazione, con queste Indicazioni nazionali “si abdica al paradigma della complessità del 2012, previsto anche dall’aggiornamento del 2018, introducendo il paradigma della linearità, dove a priori si decide cosa è giusto e sbagliato, quali sono i confini delle discipline e non si tiene conto di una società con fenomeni complessi da ‘abitare’ e attraversare con consapevolezza e responsabilità”.
Sembra che i docenti siano ingabbiati? “Sì, queste indicazioni orientano l’esercizio della professionalità verso una scuola che faticherà ancora di più ad essere inclusiva, di tutte e di tutti, dove è necessario tenere conto della personalizzazione. Mancano i percorsi per l’individualizzazione dell’insegnamento, nella misura in cui tutti gli alunni, indipendentemente dai loro talenti, devono potere raggiungere quei traguardi di indipendente previsti dalle indicazioni nazionali del 2012”.