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Pensionamento dirigenti, le incertezze aumentano

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Continua a prevalere l’incertezza e la mancanza di equità sul pensionamento coatto dei dirigenti scolastici che abbiano compiuto 65 anni di età, detengano 40 anni di anzianità contributiva o abbiano superato la cosiddetta “quota 96” entro lo scorso 31 dicembre 2011. Detto delle diverse interpretazioni  delle norme adottate sino ad oggi dai vari direttori degli Usr, l’impressione è che il periodo di transizione a cavallo tra la riforma Fornero e il vecchio trattamento possa ulteriormente acuire le differenze di trattamento. Soprattutto per chi ha superato i 65 anni di età.
Il Miur ha spiegato, lo scorso 12 marzo, attraverso la circolare n. 23, che ha raccolto le ultime indicazioni della Funzione Pubblica, che le proroghe a coloro che hanno chiesto di rimanere in servizio dovranno essere valutate attentamente: “le istanze di trattenimento – ha messo in guardia viale Trastevere riferendosi proprio ai dirigenti scolastici – devono essere valutate sia in relazione ad eventuali situazioni di esubero determinate dal processo di dimensionamento della rete scolastica che all’esigenza di mantenere la disponibilità dei posti per le immissioni in ruolo dei nuovi dirigenti scolastici a seguito del superamento delle procedure concorsuali in atto”.
A fronte di tale indicazione, quindi, la situazione potrà variare da regione a regione. In quelle, ad esempio, dove il dimensionamento non porterà particolari esuberi, sono previsti diversi pensionamenti e si continuerà ad abbondare con le reggenze, le proroghe verranno probabilmente concesse. Viceversa, in quelle regioni dove si prevedono dirigenti senza istituto di titolarità e, contemporaneamente, una scarsa quantità di trattamenti di quiescenza, sarà molto più difficile che il direttore dell’Usr si prenda la responsabilità di concedere il mantenimento in servizio.
Ancora più incertezze starebbe comportando la decisione “unilaterale” da parte del Miur di mandare in pensione i dirigenti in possesso dei requisiti sopra citati. L’Associazione nazionale presidi ha espresso forti perplessità verso questo provvedimento (si parla di alcune centinaia di lettere che in queste giorni stanno per essere recapitate ai dirigenti individuati), “perché – scrive il sindacato guidato da Giorgio Rembado – il datore di lavoro che procede al ‘licenziamento’ ha l’onere di garantire che il lavoratore non subisca ulteriore pregiudizio economico, quale quello di rimanere senza stipendio e senza pensione. In quest’ultima evenienza, tutte le conseguenze del recesso unilaterale dell’amministrazione ricadranno inevitabilmente sul datore di lavoro che procede al licenziamento, cioè sul Direttore dell’ufficio scolastico regionale”.
Insomma, seguendo tale ragionamento, il Miur potrebbe mandare in pensione dei capi d’istituto che non avrebbero ancora maturato i requisiti per accedervi. Poiché non siamo nella condizione di porre dei dubbi sul pericolo esternato dal primo sindacato dei dirigenti scolastici italiani, sarebbe opportuno che gli organi previdenziali, ma anche la Funzione Pubblica e lo stesso Miur, facciano al più presto chiarezza. Altrimenti anche i pensionamenti diventeranno materia di studio da affrontare in tribunale.