Home Pensionamento e previdenza Pensione anticipata, quota 100 bocciata dalla Commissione Ue: qualcosa potrebbe cambiare

Pensione anticipata, quota 100 bocciata dalla Commissione Ue: qualcosa potrebbe cambiare

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Mentre in Italia milioni di lavoratori, di cui diverse decine di migliaia nella scuola, rimangono alla finestra e sperano in un’approvazione nella legge di bilancio senza decurtazioni per quota 100 oppure dell’uscita con 41 anni di contributi, da Bruxelles arriva una sonora bocciatura della bozza di manovra economica presentata dal Governo M5S-Lega.

Un passo indietro

Nel mirino della Commissione Ue ci sono il reddito di cittadinanza e la cosiddetta flat tax, due degli assi portanti della manovra.

Ma a destare le maggiori critiche è stato proprio la controriforma Fornero: secondo la Commissione europea, “l’introduzione della possibilità di pensionamento anticipato è un passo indietro rispetto a precedenti riforme pensionistiche a supporto della sostenibilità a lungo termine del consistente debito pubblico italiano”.

Il riferimento è, in particolare, alla volontà di superare la “stretta” introdotta durante il Governo tecnico guidato da Mario Monti.

I costi dell’operazione

Da Bruxelles sono convinti, inoltre, che permettere ad oltre 400 mila lavoratori di andare in pensioni fino a cinque anni prima, grazie a quota 100, avrà anche un impatto negativo sulla crescita, perché alla lunga “causerà una diminuzione della popolazione lavorativa”.
Agli esperti economisti dell’Ue, inoltre, non sono sfuggiti i costi della manovra, che nel biennio iniziale costerà lo 0,37% del Pil e lo 0,36% nel 2021.

Così nella bozza della manovra che introduce al “Fondo per la revisione del sistema pensionistico”, si riporta un costo di 6,7 miliardi di euro per il 2019 e di 7 miliardi l’anno dal 2020 in poi.

Le riduzioni di assegno per scoraggiare

Cosa potrebbe accadere ora? L’ipotesi più plausibile è che il Governo non toccherà nulla. Oppure potrebbe cercare di mantenere l’assetto generale, cercando però di mandare un segnale di collaborazione all’Europa, scoraggiando a lasciare una buona percentuale di lavoratori con delle penalizzazioni nell’assegno di pensione: i requisiti rimarrebbero immutati (almeno 62 anni di età e 38 anni di contributi), ma a vedersi l’assegno di quiescenza più ridotto sarebbero quelli che non potranno vantare un numero di anni di servizio ulteriori.

In pratica, chi a 62–63 anni potrà presentare 40 o più anni di contributi versati, si ritroverà con una pensione solo leggermente ridotta (qualche punto percentuale, poche decine di euro in meno); per gli altri, invece, il taglio di assegno potrebbe essere troppo alto, attorno al 10% e fino il 30%. E molti non accetterebbero.