La āeā di educazione ĆØ in tutto il mondo più piccola della āEā di economia, ricordava diversi anni fa il direttore generale dellāUNESCO Federico Major. Ć più piccola nella considerazione e nei comportamenti dei popoli, dei mass media, dei parlamenti e dei governi, anche se ad unāattenta considerazione antropologica, risulta più grande nella dignitĆ e nella responsabilitĆ : forse ancora più grande della SanitĆ e della Giustizia, i cui apparati, però, operano in modo più visibile e in condizioni più drammatiche dellāeducazione, godono proporzionalmente di maggiore prestigio e di più consistenti risorse.
A distanza di circa venti anni, queste profetiche affermazioni risultano quanto mai attuali e rispecchiano una situazione di perenne disinteresse nei confronti dellāeducazione e della cultura che rende lāaria sempre più tetra e più pesante.
I nostri governi, ministri, parlamentari e autorevoli esponenti del mondo culturale, anzichĆ© venire incontro, attraverso importanti investimenti economici e interventi a sostegno della cultura,Ā Ā alle fatiche morali e intellettuali necessarie, oggi, per vivere responsabilmente la professione docente, si chiudono nella propria āturris ebuneaā, nelle proprie false certezze,Ā sfoggiano tutto il loro potere, si abbandonanoĀ Ā a geremiadi eĀ invettive gratuite e ne criticano i comportamenti. Difficilmente riescono a pensare alla scuola e agli insegnanti, cui sono affidate le sorti e i frutti non solo della scuola stessa, ma anche di tutta la societĆ , in modo fiducioso e costruttivo.
Gli ambienti educativi hanno bisogno di un clima sereno e positivo, i loro operatori non devono sentirsi giudicati come incapaci e trattati da irresponsabili: occorre bandire ogni ostilitĆ e ogni atteggiamento da caccia alle streghe.
Lāonesta rivalutazione dei docenti, la libertĆ , la dignitĆ , la responsabilitĆ , il maggiore prestigio, i riconoscimenti economici e la diminuita distanza tra centro e periferia, dovrebbero essere le condizioni essenziali per farĀ uscireĀ chi ci governa dallāangusto bozzolo dellāaseitĆ Ā e incoraggiare la culturaĀ e laĀ politica della condivisione. Solo in questo modo si può scrivere nel cuore dei giovani o, come sosteneva Platone, il principe degli intellettuali dellāOccidente, nellāanima degli uomini, solo attraverso il dialogo e facendo leva non su formalismi esteriori (Licei quadriennali, Scuola media di due anni, generici e aleatori coinvolgimenti e cambiamenti nella didattica),Ā ĆØ possibile insegnare e far fare esperienza del dolce frutto della conoscenza perĀ rinforzare il corpo e la mente. La scuola non si improvvisa nĆ© si inventa come atto di volontĆ e di forza; la scuola si costruisce come una casa pietra su pietra, atto dopo atto, giorno per giorno, ma anche con ponderata intelligenza, partecipazione e manifestazione di saggezza e di equilibrio.
La strada intrapresa del conflitto, dello scontro, dellāestemporaneitĆ , non appare vicina alla possibilitĆ di costruire un nuovo solido patto che soddisfi le istanze fondamentali di insegnanti, studenti e famiglie. Sul piano giuridico e sul piano economico nonĀ bisogna mortificareĀ i docenti che, pur non avendoĀ il fascino di un Socrate, il rigore di un Pitagora, nĆ© lāabilitĆ e lo stipendio di un intrattenitore televisivo, costituisconoĀ il polo principaleĀ del rapporto educativo-istruttivo-formativo di tutta la societĆ .Ā




