
Troppi docenti e Ata precari abbandonati al loro destino di lavoratori con meno diritti, tra cui i mancati “scatti” automatici in busta paga che invece arrivano periodicamente ai colleghi di ruolo: per quest’ultima condizione, protratta nel tempo e senza sviluppi, la Commissione europea ha deciso di avviare una procedura d’infrazione, con messa in mora, nei confronti del Governo italiano, che ora ha a disposizione due mesi di tempo per illustrare come intende risolvere il problema. Altrimenti, rischierebbe di vedersi alla lunga assegnare pesanti sanzioni pecuniarie dalla Corte di giustizia Ue.
Ad essere inosservata, hanno fatto rilevare da Bruxelles, è una direttiva sulle progressioni stipendiali Ue risalente addirittura 1977.
La comunicazione, in difesa degli interessi di oltre 200mila supplenti annuali e diverse decine di migliaia di precari cosiddetti “brevi e saltuari”, è stata fatta recapitare dalla Commissione europea a Roma il 12 febbraio: nella nota si ricorda che “gli insegnanti a tempo determinato non hanno diritto a una progressione salariale graduale basata sui precedenti periodi di servizio, a differenza degli insegnanti a tempo indeterminato”. E ciò comporta, secondo l’Ue, delle “condizioni di lavoro discriminatorie” che violano il diritto dell’Ue.
In Italia, gli unici a non rientrare in questa penalizzazione stipendiale sono gli insegnanti di religione, che a differenza degli altri docenti possono godere di scatti stipendiali automatici già durante il periodo di precariato.
“La decisione della Commissione Europea di mettere in mora l’Italia è stata presa a seguito delle denunce prodotte dal nostro sindacato autonomo Anief – spiega il suo presidente Marcello Pacifico – : i giudici d’oltre frontiera, quindi, continuano a condannare l’inerzia di chi in Italia governa la scuola discriminando i precari ed eludendo sistematicamente la Direttiva Ue 70/CE del 1999“.
Il sindacalista chiede “ora al Governo italiano di stanziare le risorse per inserire nel prossimo contratto collettivo nazionale di lavoro tutte le misure per garantire la parità di trattamento del personale supplente rispetto a quello già di ruolo e per modificare le attuali norme sul reclutamento”.
Pacifico ritiene che “per rendere praticabili le stabilizzazioni di centinaia di migliaia di docenti a tempo determinato, le cui nomine rinnovate ogni anno minano la continuità didattica degli alunni, bisogna in fretta ripristinare il doppio canale di reclutamento: solo con le immissioni in ruolo attuate per metà attingendo dalle graduatorie di merito dei concorsi, dove collocare anche tutti gli idonei delle procedure concorsuali oggi invece al palo, e per l’altra metà ai precari inseriti nelle Graduatorie provinciali per le supplenze – laddove le Gae siano esaurite – , potremo avere finalmente delle efficaci misure di prevenzione dell’abuso di precariato”.
“Sarebbe infine opportuno – conclude Pacifico – introdurre per legge una specifica indennità di incarico a tempo determinato all’interno del contratto di lavoro, piuttosto che essere costretti al ricorrere al giudice del lavoro, come avviene oggi, al fine di ottenere un risarcimento che la legge 166/2024 dispone da 4 a 24 mensilità su dispositivo del giudice, con cui si è inteso proprio garantire indennizzi proporzionati e dissuasivi”.