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Precariato, il Ministro Giannini è indietro di 15 anni: in settimana glielo ricorderà la Corte di Giustizia Europea

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Sulla stabilizzazione del precariato scolastico il Ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, è indietro di almeno 15 anni: dovrebbe aggiornarsi, perché negare a priori la possibilità a 160 mila docenti e Ata precari di essere assunti in blocco significa continuare a respingere la direttiva comunitaria 1999/70/CE, introdotta proprio per combattere l’abuso di precariato generato dall’insensato tentativo di ridurre le spese per l’istruzione pubblica e salvaguardare il bilancio dello Stato sulla pelle delle giovani generazioni.

“Forse a Giannini non è stato spiegato – dichiaraMarcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – che se l’Italia si trova in questa situazione, con un numero spropositato di supplenti, è proprio perché i ministri che l’hanno preceduta hanno fatto prevalere le logiche del risparmio e dello sfruttamento dei docenti precari. Quando Giannini dice che ‘non sarà percorsa la strada della stabilizzazione come pacchetto totale’ esprime un giudizio ormai del tutto superato dagli eventi. Tra alcuni giorni,il 27 marzo, la Corte di Giustizia europea di Lussemburgodiscuterà proprio le ordinanze sollevate dal giudice del lavoro di Napoli e dal Giudice della Leggi sulla compatibilità del diritto interno e sulla legittimità dell’intervento derogatorio nei confronti del personale della scuola”.
Se la posizione dei giudici di Lussemburgo dovesse essere favorevole ai ricorrenti, per i precari della scuola italiana con almeno tre anni di supplenze si aprirebbero quindi le porte dell’assunzione in ruolo. Sconfessando quindi quanto incautamente affermato nelle ultime ore dal Ministro dell’Istruzione, che continua a parlare di immissioni in ruolo graduali. Anche perché i supposti vantaggi economici per lo Stato italiano sono stati negati dai fatti. Uno studioAnief ha rilevato un aumento del 67%, 380 milioni di euro, delle spese per il personale a contratto a tempo determinato, nonostante la riduzione di 100.000 posti in organico di fatto dal 2007. Precarizzare il lavoro non paga, ma fa spendere di più.
“Il sindacato – continua Pacifico – ha già scovato 125.000 posti vacanti e disponibili dal 1° settembre 2014, che di fatto svuoterebbero i due terzi delle attuali graduatorie ad esaurimento. A questo punto, a graduatorie esaurite, si aprirebbe la prospettiva, a copertura totale annuale del turn over, dell’immissione in ruolo anche dei 150mila docenti rimasti fuori dalle graduatorie ma con un titolo abilitante riconosciuto dallo Stato (TFA, PAS, Estero o Italia) e con un concorso a cattedra superato (DDG 82/2012). Per loro, basterebbe prevedere una IV fascia – terzo scaglione alle attuali graduatorie divise in due scaglioni – I-III fascia, così da assumerli ed evitare nuove procedure d’infrazione”.
Anief, infine, respinge con forza qualsiasi tipo di reclutamento che non preveda più l’accesso all’insegnamento tramite concorsi pubblici. Auspicare la chiamata diretta dei docenti da parte dei dirigenti scolastici, come ha fatto di recente più di qualche politico, significherebbe inoltre affidare questo delicato compito ad una categoria, i responsabili d’istituto, che sta vivendo mesi di profonda difficoltà, anche a seguito della tormentata vicenda del concorso bandito nel 2011 e che in diverse regioni non ha ancora visto la conclusione.
“Oggi i nostri insegnanti sono scelti sulla base del merito, delle selezioni svolte, oltre che tenendo conto dei titoli di studio conseguiti, delle abilitazioni e delle specializzazioni. Sul reclutamento non abbiamo bisogno di colpi di mano, ma solo di adeguarci a quello che la Commissione Europea – conclude il sindacalista Anief-Confedir – ha detto chiaro e tondo ormai tre lustri fa”.