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Quale profilo per il futuro Ministro?

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Proviamo a lasciare un attimo da parte l’appassionante gioco del toto-ministri e concentriamoci su un aspetto un po’ più sostanziale della questione: quale dovrebbe essere il profilo del futuro ministro dell’istruzione?
A leggere le centinaia di post che in queste ore affollano i social network si possono già dare alcune risposte.
Intanto in molti auspicano che a viale Trastevere si insedi una persona capace di ascoltare e di colloquiare con il mondo della scuola; e che, magari, arrivi davvero dall scuola militante.
Già su questo si potrebbero però fare le prime precisazioni perché si tratta di capire cosa intendiamo per “mondo della scuola”.
Luigi Berlinguer, per esempio, aveva colloquiato con i sindacati e con loro aveva concordato di introdurre nel contratto nazionale una disposizione che introduceva una “concorso” per attribuire aumenti stipendiali. Sappiamo tutti come è andata a finire. E oggi sarebbe persino peggio, perché sempre di più il “popolo della scuola” non coincide con le centrali sindacali (e alle volte neppure si riconosce in esse).
Forse non sarebbe male, piuttosto, se il futuro ministro fosse dotato di un po’ di sano pragmatismo e avesse il coraggio di scelte chiare, in modo da evitare almeno alcuni errori macroscopici come quello del decreto “la scuola riparte” che mette in campo 400milioni ma dispersi in mille rivoli (anzi rivoletti) senza che si affronti seriamente almeno un problema.
E poi, a parere di chi scrive, dovrebbe essere un ministro che non si faccia intrappolare dall’equazione “innovazione=tecnologie”. Personalmente faremmo un tifo sfrenato per il nuovo ministro se, nelle sue prime dichiarazioni, usasse parole come educazione, cooperazione, comunità educativa e magari citasse Dewey, Montessori (se poi arrivasse a fare riferimento a Bruner e a Freinet saremmo persino disposti a spellarci le mani).
Infine – e su questo il popolo dei social network è unanime e compatto – il nuovo Ministro dovrebbe essere persona intellettualmente e politicamente autonoma in modo che il palazzo di Viale Trastevere (sede del Miur) cessi di essere una sede distaccata di via XX Settembre (sede del MEF).
Ma quest’ultima condizione ci sembra davvero di difficile realizzazione perché presuppone una inversione di tendenza generale dell’intera compagine governativa sulla stessa idea di sistema di istruzione da considerare non più una spesa improduttiva ma un vero investimento sul futuro.
E su quest’ultimo punto, almeno per ora, non ci sono segnali rassicuranti.