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Razzisti già da bambini? Cuzzocrea lancia l’allarme e chiama in causa adulti e famiglie

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Nell’ultimo numero del Venerdì di Repubblica consigliamo la lettura dell’articolo di Annalisa Cuzzocrea che, nella sua rubrica “A casa tutti bene”, scrive che non c’è alcun bisogno di spiegare l’integrazione a sua figlia perché lei – la bimba – non le vede tutte queste differenze. E ricorda il caso dell’asilo cattolico della provincia di Treviso che ha portato i bambini a visitare un centro islamico. Evidenzia anche che quella scuola cattolica è frequentata senza alcun problema da bambini musulmani le cui famiglie non trovano nulla da ridire sul fatto che i loro figli preparino il presepe a Natale. Due religioni – scrive la giornalista – che si parlano, si confrontano, nessuna si sente superiore all’altra, nessuna nega l’esistenza dell’altra. Cuzzocrea continua sottolineando come nella classe di sua figlia, alle elementari, abbia contato dodici nazionalità diverse. Ma i bambini non vedono alcuna differenza.

Allora – potremmo chiederci – come spiegare che nel volgere di pochissimo tempo, diciamo dalle elementari alle medie, tutto cambi, che il malefico germe del razzismo e della violenza fiorisca così, di botto. Fino a otto-dieci anni ci troviamo di fronte a bambini buoni, dolci, che guardano agli altri con purezza e benevolenza e poi, improvvisamente, questi stessi bambini si trasformano in ragazzini intolleranti e aggressivi.

Proprio in questi giorni Scuolalink.it riporta il caso di una scuola media di Ancona – parliamo dunque di ragazzi e ragazze mediamente tra gli 11 e i 13 anni – in cui alcuni studenti hanno esposto un cartello con svastiche e frasi razziste e omofobe come “bruciamo gli ebrei, i gay, i negri”. I responsabili hanno firmato l’atto, rivendicandolo apertamente. Solo sette mesi fa, lo stesso istituto era finito al centro delle cronache per slogan fascisti durante una lezione.

Seguono le consuete prese di posizione da parte dei docenti, del dirigente, del direttore dell’USR e così via discorrendo fino al Ministro. Tutti esprimono sdegno, sconcerto, preoccupazione, minacciano punizioni serie. Insomma, le solite cose che fanno pensare a Fabrizio De André e alla sua ‘Don Raffaè’, in cui lo Stato “si costerna, s’indigna, s’impegna, poi getta la spugna con gran dignità”. Fino all’episodio successivo.

La domanda resta: come mai un passaggio così brusco da un’infanzia accogliente a una respingente preadolescenza? Una risposta la dà proprio Annalisa Cuzzocrea nel suo articolo: i bambini non vedono alcuna differenza, finché non è un adulto a sottolinearlo. Mettere nelle teste dei bambini retropensieri che non hanno è incivile.

Questa idea è condivisa da Umberto Galimberti che durante un’intervista alla trasmissione di La 7, “L’aria che tira”, ha dichiarato che i bambini di per sé, da soli, non sono razzisti, incominciano a diventarlo in terza elementare, quando, dopo aver sentito per due anni ‘tu non devi giocare con quel bambino lì, tu devi frequentare questi altri’, diventano razzisti loro. Prima non lo sono, prima si divertono a sentire storie strane, che vengono da un altrove. Dopo diventano razzisti perché sentono i genitori che li mettono in guardia dai bambini che hanno un colore diverso.

E allora, per una volta, assolviamola la scuola e inviamo una “informazione di garanzia” alle famiglie, perché è soprattutto all’interno delle mura domestiche che i bambini diventano adolescenti e adulti umani. O disumani.