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Riapertura scuole: ragioniamo

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La riapertura delle scuole è una priorità e bisogna farlo in assoluta sicurezza (come è possibile?). Si sono escluse alternative e con la pandemia in ripresa sono naturali perplessità e si aprono polemiche sulle modalità prospettate.

In primo luogo perché con l’arrivo della stagione fredda non si può escludere che il tentativo abortisca.

Personalmente poi sono molto perplessa sulla scuola che si vorrebbe aprire: studenti distanti tra loro, senza la possibilità di lavorare insieme e condividere materiali (anche solo quaderni) neppure con gli insegnanti, costretti a parlare dalla cattedra forniti di mascherina (forse in modo poco comprensibile) e a vigilare strettamente sugli studenti. Procedure rigide controllate da bidelli dediti costantemente a sanificare gli spazi. Un regime poliziesco e una didattica frontale è davvero una scuola accettabile?

La DAD ha creato problemi, ma molto si poteva e si può migliorare.

Un primo problema è la carenza di dispositivi fruibili: alcune scuole hanno fornito chi ne era sprovvisto e un investimento relativo non solo può risolvere il problema, ma anche aumentare cultura e mezzi alle famiglie italiane più in difficoltà. Molto più dei monoposto con le rotelle del sig. Arcuri, che fa buttare i vecchi banchi ancora buoni fuori dalla finestra. Fermi e distanti su banchi a rotelle. Curioso!

Altro problema impellente è quello della custodia dei ragazzi, che non possono essere lasciati soli dai genitori che lavorano. E’ davvero un problema che compete alla scuola? D’accordo, serve un luogo sano, controllato e sicuro. Questo in primo luogo è la famiglia, compresi i nonni, con cui magari allacciare rapporti più stimolanti. Chi lavora a casa, potrebbe avere l’opportunità di un dialogo costruttivo, basato anche su responsabilità ed autonomia di cui i ragazzi di oggi hanno molto bisogno. Per chi proprio non potesse offrire una sistemazione protetta per i figli piccoli (quelli grandi a casa da soli possono stare), si potrebbero organizzare classi di un numero ristretto. Del resto cosa accade d’estate?

Un altro problema sono gli alunni con difficoltà (cognitive, culturali, relazionali…).  Per loro senz’altro servirebbero momenti individualizzati, anche in presenza e in piccolo gruppo, flessibili e mirati, gestiti con discrezione e professionalità. Ricordiamo il principio costituzionale: rimuoviamo gli ostacoli!

Responsabilizzare i ragazzi: un nodo essenziale riguarda proprio il ruolo sociale della scuola, che, in quest’epoca, è la più diffusa e quasi unica comunità di cui un cittadino faccia esperienza di vita. Questo ruolo va evidentemente rivalutato, tanto più da genitori spesso iperprotettivi, prodighi di critiche e di pretese: forse sarebbe anche la volta buona. Infatti servirebbero senz’altro alcuni momenti comuni: nei musei, nei parchi, nelle fattorie, nei teatri, per visite al territorio. È vero, sarebbe una vita comunitaria molto ridotta, ma gonfia di promesse e allettante: un’idea positiva di scuola per gli studenti.

L’aspetto culturale e dello studio è certo il più focale della scuola, oggi non valorizzato a sufficienza, purtroppo.
È essenziale fornire ai nostri ragazzi un supporto di prima qualità: sono il nostro capitale umano, il più prezioso. I mezzi per farlo adesso sono tanti e selezionabili con cura, la Rete, la Tivù, la collaborazione online anche asincrona, gli incontri video, gli esperti… Sono convinta, e non da sola, della necessità e del valore della guida degli docenti in tutto il percorso, per un’interazione diretta, un rapporto personale, per dirigere la classe-comunità in modo flessibile e caldo. La DAD, invece di consistere in una replica scadente di lezioni frontali o anche dialogiche, potrebbe valorizzare la discussione, la collaborazione fra pari, le inclinazioni e l’approfondimento personali, realizzare la “flipped class” di cui si parla oggi.
Certo, sarebbero più complicate le verifiche. La motivazione degli studenti sarebbe più intrinseca che estrinseca e questo probabilmente è un bene. Oggi più che mai si studia per i voti: motivo di ansia e non di passione. Se tutta la società considerasse lo studio e l’importanza delle competenze come un valore cruciale, gli studenti lavorerebbero meglio, per se stessi e per la società, soprattutto se i loro progetti, le loro idee e le loro aspirazioni fossero ascoltate, rispettate e conseguite. La scuola dovrebbe lavorare per migliorare il mondo, realizzare i sogni dell’umanità, non per dimostrare che i compitini sono stati svolti. In questa prospettiva l’impulso a studiare con responsabilità e dedizione dovrebbe essere naturale.

Mentre il confinamento in casa per i ragazzi è inaccettabile, metterli tutti in una sorta di carcere che farebbe impallidire Montessori più ancora che Papini non pare una soluzione.
Gli alunni, facilmente asintomatici, amplierebbero il contagio a dismisura, compreso agli insegnanti anziani, che sono molti e molto più a rischio: dove le scuole le hanno già riaperte, non muoiono gli alunni, ma gli insegnanti…

Considerare quindi un’apertura parziale e attività diversificate per le scuole pare più saggio anche se meno demagogico.

Cristina Tioli