
“Abbiamo espresso con molta chiarezza la nostra più completa contrarietà alla scelta di riarmo perché questo non c’entra nulla con la costruzione della difesa europea o di un esercito comune in Europa, che può essere un tema su cui discutere. Qui si stanno riarmando gli eserciti e si stanno togliendo risorse nei fatti ad altri bisogni che in Europa esistono, dallo stato sociale, alla scuola, al lavoro”. A parlare è il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, a margine del presidio sui referendum: per dire pubblicamente ‘no’ al riarmo, il sindacato Confederale ha annunciato che sabato 15 marzo scenderà in piazza a Roma sventolando le bandiere della pace.
Il 15 marzo, dice ancora il numero uno del primo sindacato italiano, “saremo in piazza con le bandiere della pace. Vogliamo fare una discussione che rilanci una partecipazione democratica proprio per costruire quell’Europa del lavoro, della pace e della giustizia sociale che oggi non c’è. E questo è il senso della nostra partecipazione”.
Secondo Landini, con il riarmo dei Paesi europei “si sta commettendo un tragico errore: non è quello di cui abbiamo bisogno”.
“Il tema, per quello che ci riguarda, non è solo essere pacifisti che di per sé è un valore, ma – conclude il sindacalista – fare delle politiche industriali che siano in grado di affermare un’idea del lavoro e di sviluppo dell’Europa che sia totalmente diversa”,
La manifestazione è del 15 marzo con partenza da piazza Barberini, spiega l’Ansa, è stata organizzata da Potere al Popolo, assieme ad alcuni movimenti studenteschi: una “contro-piazza” per opporsi a quanto sta progettando l’Europa sul fronte del riarmo dei Paesi membri.
I movimenti chiamano così a raccolta i militanti, in opposizione a quella lanciata da Michele Serra, a cui hanno aderito diverse realtà, tra associazioni e partiti.
Secondo Potere al Popolo, “Von Der Leyen, i governi nazionali e (quasi) tutti i leader dei principali partiti colgono l’occasione per accelerare la conversione bellica dell’economia, il dirottamento delle risorse destinate alla spesa sociale in favore della spesa militare, la militarizzazione della società”.
Si prevede, quindi, “un inasprimento delle condizioni di vita dei popoli di tutto il continente, in continuità con le politiche antipopolari portate avanti da decenni attraverso i trattati UE e con la vocazione bellicista dimostrata con l’invio di armi sui fronti di guerra. Il costo dell’economia di guerra sarà pagato dai popoli e in particolare dal nostro Sud”, conclude con amarezza Potere al Popolo.