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Ridurre la dispersione significa anche aiutare l’economia

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Fare una seria lotta alla dispersione scolastica non è soltanto l’impegno di chi professa, come ha sempre fatto nella sua vita Don Lorenzo Milani, l’estensione di un cattolicesimo sociale volto a guardare, con cura cristiana, chi si trova più indietro nella scala sociale, ma è anche, e soprattutto nella società odierna, il riscatto di un’intera società, che attraverso l’affermazione culturale ed educativa degli ultimi, può ottenere ottimi risultati sul piano economico.
Lo dicono le statistiche del rapporto Ocse 2013 che, attraverso istogrammi accurati di vari Paesi messi a confronto, hanno evidenziato come esiste una stretta relazione tra alta scolarità di una Nazione e la relativa crescita del PIL dello stesso Paese.
Paesi asiatici come Corea del Sud, Giappone ma anche europei come la Finlandia, che hanno adottato una seria politica di lotta contro la dispersione scolastica, non solo hanno visto crescere parallelamente il loro PIL, ma risultano anche tra i Paesi con il migliore sistema scolastico al mondo.
Questo significa che incrementare la spesa in istruzione è un investimento che, non solo è volto a contrastare la dispersione scolastica e l’ignoranza dilagante, ma anche volto a stimolare la ripresa economica sul medio e lungo termine.
In buona sostanza, per citare Derek BoK presidente della Harvard University, ci piace ricordare che chi sostiene che l’istruzione sia costosa, non è in grado di capire quanto lo sia l’ignoranza. Eppure in Italia abbiamo avuto, in un recente passato politico, illustri economisti che hanno affermato, impunemente e con un’assoluta miopia politica, “con la cultura non si mangia”.
Invece scopriamo che, al contrario di quanto fatto in questi ultimi anni, investire in un sistema scolastico, includente e capace di valorizzare la professionalità dei docenti e il merito degli studenti, potrebbe essere la cartina di tornasole per risolvere i problemi economici del Paese e dare una speranza di futuro ai nostri figli.