Buoni pasto, smart working e trasparenza sui compensi: sono alcune delle richieste formulate dai sindacati rappresentativi all’Aran nel corso dell’ultimo incontro, svolto il 7 maggio.
Gianna Fracassi, leader Flc-Cgil, ha ricordato alla ‘Tecnica della Scuola’ che “il tema dello stato degli stipendi è stato sollevato anche dal presidente della Repubblica” il primo maggio e “i dipendenti della scuola sono un esempio vivente”.
I soldi dovranno arrivare dalla politica o ancora una volta la scuola dovrà trovarli al suo interno? “No, questo è un tema politico – ha replicato Fracassi -, altrimenti quando la coperta è corta e, lo ripeto, servono risorse ulteriori. Altrimenti si vanno a tagliare servizi, funzioni attuali, pagati con il salario accessorio, rischiando di andare addirittura a tagliare un pezzo della retribuzione tabellare. Invece, al personale servono soldi e servizi ulteriori, coma la Carta del docente”.
“E questa operazione deve essere contenuta in una disposizione normativa. Per avere queste cose, molto importanti, abbiamo mobilitato il personale e fatto due scioperi. Alla fine del mese di maggio vedremo se l’Aran avrà recepito”, ha concluso la numero uno dei lavoratori della Conoscenza Cgil.
Elvira Serafini, numero uno dello Snals-Confsal, ha confermato alla ‘Tecnica della Scuola’ che il confronto sta entrando nel vivo e “particolare attenzione viene rivolta a tutta la parte normativa: l’obiettivo è migliorare i diversi punti che riguardano il lavoro del personale ATA come di tutto il personale”.
“Abbiamo chiesto a gran voce i buoni pasto e daremo tutto per il lavoro agile: è uno dei punti a cui teniamo, vogliamo che siano accettati e che abbiano una giusta copertura finanziaria. Chiaramente, l’attenzione va al personale precario e chiediamo la stabilità di questo personale che lavora e che è giusto che abbia una conferma”.
Non si prevedono così brevi come sembrava all’inizio? “Chiediamo di velocizzare gli incontri, anche se – sottolinea Serafini – i tempi non saranno certamente brevi, perché ci sono tante situazioni che vanno risolte e affrontate. Auguriamoci che la firma arrivi al più presto, comunque entro il 2025”.
Anche secondo Vito Carlo Castellana, leader della Gilda degli insegnanti, “siamo ancora alle fasi iniziali: a fine mese ci sarà un altro incontro. Ora abbiamo iniziato a vedere la parte generale e solo alcune parti del contratto scuola, come il lavoro a distanza, anche per Università e Ricerca”.
“Quello che noi abbiamo ribadito in questa fase, della quale non abbiamo discusso della parte economica e che comunque chiediamo un articolato più semplice perché potrebbe garantire i diritti per tutti e almeno prevedere un’unificazione dei vari contratti che attualmente sono in vigore. Anche perché così sarebbe più semplice rintracciare le norme”.
Poi, ha continuato Castellana, “stiamo chiedendo anche maggiore trasparenza sulle risorse che arrivano nelle scuole: oggi le scuole ricevono risorse che non sono solo quelle del fondo d’istituto tradizionali; vediamo quello che è avvenuto con i fondi del Pnrr; quindi sarebbe opportuno, proprio perché si tratta di denaro pubblico, che fosse chiaro a tutti come vengono distribuite queste risorse”.
“Riteniamo inoltre che molti degli argomenti che sono materia di confronto in realtà dovrebbero andare in contrattazione: anche in questo caso per garantire maggiori diritti e per evitare discrezionalità eccessive da parte dei dirigenti scolastici.
Per arrivare a un accordo pensate ci vorrà del tempo? “Sì – ha risposto Castellana – io ritengo che ci vorrà del tempo. Anche perché, ripeto, oltre all’aspetto normativo, il nodo vero della questione sono le risorse economiche e le cifre che nel precedente incontro c’erano state dette: sono cifre non sufficienti a recuperare l’inflazione del triennio e sicuramente non danno potere d’acquisto garantito a tutto il personale docente e non docente e della scuola, che comunque, ricordiamolo, parte da posizioni di svantaggio rispetto al resto del pubblico impiego. Questo è innegabile. C’è la necessità estrema di avere risorse aggiuntive”, ha concluso il numero uno della Gilda.
Stiamo affrontando “la parte comune, quindi quelle regole che riguardano tutto il comparto Istruzione e Ricerca, quindi i lavoratori della scuola, dell’università e della ricerca, AFAM. In queste regole comuni si è parlato anche di lavoro agile, di lavoro da remoto, di telelavoro”, ha detto ai nostri microfoni Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief.
Abbiamo chiesto al tavolo di discutere e mettere nero su bianco la necessità di introdurre i buoni pasto. C’è un problema di risorse finanziarie, questo è vero, ma come per la formazione introdotta, retribuita in contrattazione integrativa nell’ultimo contratto, noi siamo più che convinti che questa norma meno di principio debba passare, visto che stiamo vedendo che nelle altre pubbliche amministrazioni questi buoni pasto vengono dati anche con lo smart working”.
C’è un problema anche di relazioni sindacali firmatari, non firmatari di contratto. “Noi come Anief – ha detto il suo presidente – abbiamo ribadito la nostra disponibilità in coerenza con quella che ho detto anche prima per quanto riguarda l’agibilità sindacale anche dei soggetti che non firmino il contratto, siamo disponibili. Certamente, poi si è affrontato il contenuto del testo, abbiamo fatto delle proposte: vediamo se verranno approvate”.
“In tutto questo – ha proseguito – c’è un decreto legge Scuola, al cui interno ci sono degli emendamenti presentati da maggioranza e opposizione, suggeriti anche da Anief durante le audizioni parlamentari, che potrebbero anche cambiare il volto di questo contratto, mettere delle risorse aggiuntive e andare a utilizzare alcune risorse per raggiungere degli obiettivi. Come quello di ripristinare il primo gradino stipendiale, cioè avere un aumento a partire dal terzo anno e non più dal nono. Come per esempio la mobilità intercompartimentale che è un qualcosa che ha dei vincoli di legge che potrebbero essere rimossi”.
“C’è anche l’utilizzo delle risorse per il personale ATA e per aumentare gli stipendi dei DS, attraverso l’assorbimento di quei soldi che non sono stati utilizzati per l’attivazione immediata di nuovi profili professionali. Abbiamo quindi delle economie di spesa che potrebbero aiutare anche la crescita degli stipendi”.
“Stiamo parlando sempre di 1.300.000 persone, quindi anche quando dai 10 euro in più sono miliardi che pesano nei conti dello Stato. Però non demordiamo e siamo fiduciosi: dobbiamo fare capire l’importanza di chi lavora a scuola e quindi da parte del Governo, di stanziare delle risorse specifiche anche nella prossima legge di bilancio, da assegnare solo al personale scolastico”.