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Sabino Cassese: il Patto per la Scuola è una sanatoria, assunti in massa docenti non di qualità. Ha ragione?

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Scelte operate, questo il metodo, sulla base non di un concorso ma di una confermata competenza, cioè di una pubblica reputazione.

La ricerca di questi profili, lo ricordo, è stato il risultato di una ampia collaborazione, compresa una società di cosiddetti “cacciatori di teste”.

Per le assunzioni in tutta la pubblica amministrazione, come anche nelle aziende di servizi a interesse pubblico, sappiamo invece che è previsto il concorso, per garantire la pari opportunità. Almeno formalmente.

In tutto il mondo del lavoro non-pubblico, di converso, sappiamo che le forme di assunzione sono legate soprattutto all’analisi dei profili personali, presentati più che dai CV dagli esiti di colloqui, articolati su più step.

E più sono particolari i profili ricercati più sono gli step che vengono previsti, secondo la finalità del “mettere la persona giusta al posto giusto”, capace cioè di dimostrare sicura formazione di base, spirito di ricerca e senso del team.

Nel mondo della scuola, se formalmente il criterio dei concorsi è sempre stato rispettato, nella realtà sono stati poi previste forme diverse di concorso pubblico, dai corsi abilitanti degli anni settanta ai ripetuti concorsi riservati. Cioè quelle che alcuni definiscono delle vere “sanatorie”.

Concorsi poi con bandi scritti non sempre cum grano salis, solitamente nozionistici e poco propensi a rilevare le competenze poi effettivamente richieste, e, prima ancora, con i valutatori nelle commissioni di concorso quasi sempre recuperati alla meno peggio. Senza dimenticare che una cosa è la selezione in ingresso, altra é la valutazione in itinere, e che non può essere l’anzianità di servizio, ad esempio, l’unico criterio per le graduatorie interne e per i trasferimenti.

Quindi, scegliere le persone più competenti, comprese le competenze educative e relazionali, è da sempre un tema aperto.

Un tentativo di modifica di questa modalità era stata prevista dalla Buona Scuola, ma la cosa poi è naufragata, col risultato che, al dunque, sono i docenti che scelgono la scuola, ma senza che la scuola possa dire alcunché. Come se la scelta dei docenti, come anche dei presidi e del personale, fosse indifferente alla qualità di un servizio scolastico.

Ieri Sabino Cassese, sul Corriere, è tornato a bacchettare il mondo della scuola, ministero in testa, ancora preoccupato dei soli risvolti sindacali, invece di privilegiare l’effettiva qualità del servizio pubblico scolastico.

Ma come è la situazione reale nelle scuole, da questo versante?

Chi volesse saperne di più potrebbe studiare come avviene, nei fatti, la costruzione delle cattedre dei docenti, cioè la compilazione dei consigli di classe e la precisa assegnazione dei docenti.

Perché, in questo certosino lavoro si vedrebbe che ogni preside parte dalle situazioni critiche dal punto di vista delle risultanze didattiche e culturali, con i relativi docenti da spalmare su diverse classi.

Per cui il vero criterio base della scelta dei docenti, per un preside esperto e saggio, è l’equilibrio tra e nei consigli di classe.

Mancando un sistema di valutazione, cioè una verifica in itinere del lavoro docente, in assenza poi di una qualche forma di carriera, a parte la solita anzianità di servizio, la gestione della composizione dei consigli di classe, al di là della continuità didattica formalmente da garantire, é davvero un puzzle complicato. Questa continuità, cioè, all’atto pratico vale solo se funzionale alla libertà del docente, ma non dei diritti degli studenti. Lo vediamo ogni anno all’inizio dell’anno scolastico.

Mentre i presidi, dopo tre anni, possono essere assegnati d’ufficio ad altra scuola, per i docenti ed il personale invece c’è l’occupazione stabile del posto di lavoro.

La stabilizzazione, prevista dal recente Patto per l’istruzione, ricorda sempre Cassese, al dunque non è altro che un modo indiretto per non considerare da un lato il principio della competenza effettiva e dall’altro un modo per emarginare i giovani, costringendoli così a ruoli di secondo piano o di andarsene all’estero.

In altre parole, per Cassese è finito il tempo della primogenitura sindacale sui temi della scuola, per cui questo Patto in realtà è un modo fumoso per consentire l’ennesima immissione in massa di docenti non sempre di qualità. Cioè una “sanatoria”.

E se lasciassimo agli Ambiti, cioè alle reti locali di scuola, la facoltà di scelta dei docenti abilitati e iscritti ad Albi regionali per classi di concorso?

Ma il mondo del lavoro reale sta seguendo un’altra strada, più trasparente ed efficace.

I nostri giovani, che già lavorano in tutti gli altri settori, hanno già visto come si assume, compreso l’invito, a chi è già occupato, di indicare agli uffici del personale nominativi di rilievo per le posizioni di lavoro libere, indicazione che viene poi compensata.

Sono coloro che già lavorano che sono invitati cioè a fare i “cacciatore di teste”, sempre nell’ottica dei tre criteri base: ottima preparazione di base, spirito di ricerca e studio, capacità di fare squadra. E lo strumento è la reputazione, cioè la fiducia coltivata sul campo, la stessa che tutti noi utilizziamo per qualsiasi servizio, pubblico o privato, quando si tratta di scegliere un medico, una scuola, un ufficio, uno specialista.

Il rischio “amici degli amici” dietro l’angolo?

Rischio reale solo se queste modalità vengono attuate in modo non trasparente, perché, al dunque, credo che nessuno se la sentirebbe di suggerire un nominativo quando poi, al dunque, risultasse non adeguato. Evidente l’effetto boomerang.

La trasparenza, dunque, come garanzia pubblica, al di là del posto di lavoro statale o privato.

Che il “metodo Draghi”, bypassando le stesse consorterie partitiche, abbia inaugurato una nuova stagione, valida anche per le istituzioni scolastiche?

Del resto, anche i docenti al dunque cercano nella loro carriera le scuole più rinomate, con gli indirizzi di studio più riconosciuti, magari vicino a casa. Ma se loro, come anche i presidi ed il personale, possono scegliere, perché non prevedere un filtro qualitativo e trasparente di mediazione?

Lo sappiamo, sono sempre le persone che fanno la differenza, e le persone capaci ancor di più.

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