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Sanzionato per i voti bassi, il giudice riabilita il prof

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C’è voluta una sentenza del giudice del lavoro di Lecce per riabilitare il prof che aveva subito una sanzione disciplinare dal preside dell’istituto tecnico commerciale di Casarano perché dava voti troppo bassi. Il giudice ha anche condannato la scuola a pagare le spese legali, con conseguente danno erariale per l’Amministrazione Pubblica.

«È vero, dopo molti anni ho capito che non si possono valutare davvero i ragazzi per quello che valgono, e quindi spingerli a lavorare e studiare di più. Se tutti gli studenti avessero i voti che meritano, non verrebbe promosso più del 20%»: così ha dichiarato il prof a conclusione di questa strana vicenda raccontata dal Corriere della Sera.

«Il lavoro di insegnante mi piace molto: mi sono abilitato in tutte le materie scientifiche, ho insegnato per tanti anni in quasi tutte le scuole superiori della provincia di Brindisi e di Lecce, ma ho capito una verità tremenda: il 90% dei professori temo privilegi il proprio interesse privato (mantenere la propria cattedra e non perdere iscritti) rispetto al dovere d’ufficio (valutare obbiettivamente le competenze raggiunte dai suoi studenti)».

 

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«Ma non si tratta di essere severo: io penso di essere assolutamente normale. Quando sono entrato per la prima volta nell’istituto di Casarano, quello dove è scoppiato il caso, ho sottoposto i ragazzi di prima superiore ad un test matematico che viene proposto dal Miur per bambini di IV e V elementare, volevo valutare le loro condizioni di partenza. E per evitare polemiche ho usato quesiti riconosciuti, non inventati da me. Ma i risultati sono stati imbarazzanti, i ragazzi non erano in grado di rispondere a domande semplicissime: così ho messo loro voti bassi, come meritavano».

«In questo modo si creava una situazione di panico nelle classi che sfociava nelle proteste degli studenti e le preoccupazioni che le famiglie manifestavano al dirigente- racconta il preside nella memoria difensiva presentata in tribunale- al fine di sedare gli animi e far rientrare la situazione nella normalità, veniva convocato il docente, ma nonostante le sollecitazioni ad un dialogo costruttivo con gli studenti non si riscontrava alcuna collaborazione da parte del prof».

Troppo rigore, chiede il giornalista del Corriere? «No, volevano solo tutti, preside, professori e famiglie, che mi adeguassi al sistema».

Ma poiché il docente «inflessibile» non ci stava, è iniziata una battaglia di piccoli dispetti, rimostranze, boicottaggi, visite degli ispettori ministeriali, circolari ritoccate, che è finita in tribunale. E che si è conclusa solo qualche settimana fa, quando ormai il prof ha da tempo cambiato scuola e il dirigente scolastico è andato in pensione.

«Perché è molto più semplice accettare il sistema- sostiene il prof- che prevede poche regole chiare e non scritte. Non si possono bocciare più di 6-7 ragazzi all’anno altrimenti non si formano le classi successive: un tempo accadeva e nessuno si scandalizzava, oggi sarebbe impensabile- racconta il prof- Le scuole devono avere un nome solido per potersi permettere di bocciare, altrimenti si fanno terra bruciata intorno. E la stessa cosa vale per i professori: quelli che mettono voti reali, come me, vengono guardati male e costretti a giustificare ogni virgola, per cui quasi tutti si adattano mettendo sufficienze anche a chi non se lo merita. Ed è praticamente impossibile per le famiglie o per la scuola mandare via un docente che non insegna bene: i punteggi in graduatoria dipendono in gran parte dall’anzianità piu’ che dalla capacità di un professore e dalla sua preparazione».

Ma ci saranno studenti meritevoli? «Certo, cinque o sei in ogni classe. Una decina non hanno voglia di fare nulla e altri dieci possono migliorare. Quelli che mi danno veramente soddisfazione sono questi ultimi: partono da 2-3, e poi arrivano a 8-9 alla fine dell’anno, con costanza e impegno, vengono stimolati dalla competizione e tirano fuori il meglio. Sono quelli che poi mi ringraziano a distanza di anni. Sono loro che mi danno la forza di continuare».