Home Archivio storico 1998-2013 Riforme Si va allo sciopero generale

Si va allo sciopero generale

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Forse tardivamente, quando il discusso decreto legge Gelmini sul maestro unico sarà con ogni probabilità già convertito in legge, ma si farà: i sindacati della scuola firmatari del contratto in vigore – Flc-Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals-Confsal e Gilda – hanno deciso all’unanimità che è giunta l’ora di andare allo sciopero generale della scuola. La decisione è giunta l’8 ottobre dopo l’incontro a Roma di tutti i leader di comparto: andato a vuoto il tentativo di conciliazione (previsto per legge) con i rappresentanti del ministero la scelta della protesta è caduta sul 30 ottobre. Anche perché non c’erano molte altre possibilità: a metà mese, il 17 ottobre, era già fissato (tra l’altro da quattro mesi) lo sciopero dei Cobas.
Come noto, sono diverse le motivazioni che hanno portato le organizzazioni sindacali a chiedere la mobilitazione ai lavoratori della scuola: prima di tutto c’è il dl 137, in via di approvazione definitiva alla Camera e dalla prossima settimana all’esame del Senato, che ripristina il cosiddetto maestro unico riportando l’orario di base della scuola primaria a 24 ore. I sindacati chiedono poi un confronto aperto con il governo per decidere quali misure adottare per ridurre gli sprechi: sinora, invece, lamentano i rappresentanti dei lavoratori, le decisioni (contenute soprattuto nell’articolo n. 64 della finanziaria approvata ad inizio agosto) sono state prese dall’esecutivo unilateralmente attraverso decreti legge e il ricorso alla fiducia in aula. La protesta servirà anche a rivendicare il rinnovo del contratto scuola scaduto da nove mesi: sempre secondo i sindacati le buste paga del personale scolastico negli ultimi anni si sono infatti attestate ben al di sotto del tasso d’inflazione scivolando nelle ultime posizioni stipendiali dell’Ue.
Tutte motivazioni note da diverse settimane. Perché allora la proclamazione dello sciopero è arrivata solo ad ottobre inoltrato. A giochi praticamente fatti? E’ la domanda che molti docenti e Ata, attenti alle evoluzioni legislative, ma anche la stessa Unicobas che indetto lo sciopero da sola venerdì scorso (“hanno preferito tergiversare piuttosto che scioperare e manifestare con noi” ha detto il leader D’Errico), hanno posto agli stessi sindacati. I quali a loro volta si giustificano dicendo che il piano programmatico dei tagli è stato presentato analiticamente (peraltro solo via e-mail) solo pochi giorni fa e che prima di chiamare i lavoratori allo sciopero bisogna sempre essere sicuri che ve ne siano tutti i presupposti. “Non si può andare allo sciopero con le ipotesi o le espressioni basati sul ‘si dice’”, sostengono in pratica i sindacalisti incalzati dalla ‘base’. Ed in effetti, non si può dare torto a questa linea di difesa: uno sciopero con poche adesioni rischia di produrre molti più danni di una protesta mancata.
Bisogna poi anche dire che i sindacati della scuola pagano ‘colpe’ che non sono propriamente loro. Il comparto ha infatti dovuto scontare le conseguenze della sofferta trattativa per salvare l’Alitalia: il noto ‘salto in avanti’ di Guglielmo Epifani, che ha detto no all’offerto Cai salvo poi accettarne una leggermente diversa, non è infatti andato giù alle confederazioni di Cisl e Uil. Che hanno continuato a masticare amaro anche per la linea unilaterale assunta sempre dalla Cgil prima con l’uscita di scena nella riforma dei contratti e poi con le parole sempre di Epifani quando ha minacciato di andare allo sciopero generale della scuola “anche da soli”. Una sottolineatura ripresa dal segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, il quale annunciando a sua volta lo sciopero ha bacchettato proprio il leader Cgil per un “un certo radicalismo sindacale infantile, sterile e pericoloso”.
In questo clima di scarsa compattezza ricucire i rapporti non è stato facile: c’è stato soprattutto bisogno di tempo. L’attesa però in certi casi può essere fatale: se, come altamente probabile, a fine mese il decreto Gelmini dovesse essere trasformato in legge i sindacati che rappresentano più lavoratori nella scuola rischiano così di andare in piazza a livello poco più che simbolico. Una risposta massiccia vorrebbe dire comunque molto. Sarebbe un segnale di cui il Governo dovrebbe tenere conto. Se invece il malcontento dei lavoratori, per l’eccessivo attendismo sindacale, dovesse produrre una scarsa adesione alla mobilitazione sarebbe un guaio: darebbe infatti ragione al Ministro Gelmini quando sostiene che a protestare sono solo “frange isolate, per cui lasciamole stare a andiamo avanti per la nostra strada”.