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Striscione con scritto “Pace” nella recinzione di un istituto, il Comune lo fa rimuovere: “La scuola resti neutrale”

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Che male può fare uno striscione con la scritta “Pace” in una scuola? Questo è ciò che si chiedono i genitori dei bimbi di una primaria della provincia di Como. Come riporta Il Corriere della Sera, il cartello è stato esposto venerdì 3 ottobre sulla recinzione esterna della loro scuola.

La lettera dei genitori

Lo striscione non conteneva simboli, solo la parola “Pace”. Nel giro di qualche ora però è arrivato l’ordine dal Comune: il manifesto va rimosso per “motivi di sicurezza”, e “per evitare polemiche”. Grande sconcerto e dispiacere tra i piccoli alunni, come riferito da alcuni genitori nella giornata di ieri. Alcune mamme hanno deciso di scrivere direttamente al sindaco per chiedere conto della decisione. 

“Quello è il frutto di un progetto didattico che ha coinvolto bambini di quarta elementare, che hanno nove anni. Non c’era alcuna finalità politica. Perché toglierlo? Loro sono rimasti molto delusi” è, in sintesi, il contenuto del messaggio, riportato anche dalla Provincia di Como e da La Repubblica.

Le motivazioni del Comune

Secondo quanto riferito dal Comune, la rimozione dello striscione non sarebbe in alcun modo legata “a motivazioni politiche”, e nemmeno rappresenterebbe una forma di “censura verso le idee o la libertà di espressione dei ragazzi”. Anzi, viene ricordato che i lavori degli studenti vengono “valorizzati e incoraggiati”, ma solo se “liberamente esposti all’interno degli spazi scolastici a ciò preposti”.

Dunque solo “motivi di sicurezza”, ricordando che le recinzioni perimetrali hanno come funzione esclusiva quella di garantire la tutela degli alunni, e che invece esporre uno striscione creerebbe addirittura “un precedente che renderebbe difficile negare future richieste di affissione di qualsiasi natura, anche di contenuti non condivisibili o non attinenti all’attività didattica”. Infine l’auspicio che la scuola rimanga “un ambiente neutrale, dedicato all’educazione e all’insegnamento, evitando così di generare inutili polemiche”.

Ecco le parole del primo cittadino: “Ho telefonato alla dirigente scolastica e mi ha garantito che convocherà a breve una riunione del consiglio d’istituto per affrontare l’argomento. Mi ha detto che non era stata informata di quell’iniziativa, ovviamente partita dalle insegnanti, anche se ora tutti cercano di dare la responsabilità ai bambini. A quell’età sono troppo piccoli per avere già un’opinione su certe questioni complesse. Lasciamo che per loro la scuola resti un luogo di apprendimento, senza turbarli con ciò che avviene fuori”.

“Tengo a sottolineare che la rimozione dello striscione dalla recinzione della scuola non è in alcun modo legata a motivazioni politiche, né intende rappresentare una forma di censura verso le idee o la libertà di espressione dei ragazzi. L’istituto valorizza e incoraggia i lavori degli studenti, che infatti possono essere liberamente esposti all’interno degli spazi scolastici a ciò preposti”.

Gaza, Galiano: “Che scuola siamo, se non ne parliamo?”

Di opinione diversa è il docente e scrittore Enrico Galiano. “A scuola facciamo un sacco di storia del passato. E certo: è utile per capire il presente, per leggerlo, interpretarlo. Ma il rischio è che poi il presente, quello vero, passi sotto silenzio. E ci sono volte in cui il silenzio diventa complicità. Quello che sta accadendo a Gaza è una di queste. Non parlarne in classe significherebbe dire ai ragazzi che questo dolore non ci riguarda, che queste immagini possono restare fuori dalla porta dell’aula. E invece ci riguardano eccome”, queste le sue parole.

“La scuola non è una bolla protetta: è il luogo dove si impara a leggere il mondo, anche quando il mondo fa male. Certo: è sbagliato dire loro cosa pensare. Però possiamo dare loro gli strumenti per vedere. Perché quando a un ragazzo vengono messe davanti le fonti, quando legge dati, testimonianze, cronache diverse, non c’è più scampo: non può non rendersi conto che si sta compiendo un crimine contro l’umanità. Parlare di Gaza a scuola non è propaganda. È il contrario: è studio serio, confronto tra versioni, capacità critica. È imparare che le parole hanno peso e che dietro ogni numero c’è un volto, una storia, una vita. È un esercizio di democrazia e, soprattutto, di umanità. Ora: come fare? Be’, uno strumento molto efficace per introdurre l’argomento sono i video divulgativi. Geopop NovaLectio ne hanno prodotti diversi in questi due anni, tutti ben documentati e spiegati con linguaggio chiaro”, ha aggiunto.