
C’è Luz, nove anni, peruviana, che si sente “molto arrabbiata col mondo esterno” e paragona se stessa a una matita, “appuntita, ruvida”. E c’è Ahmed, egiziano, che ha “perso una cosa importante”, e quando sta male sente “un odore di ferro che sembra un odore di pioggia”. E ancora c’è Nihal, originaria dello Sri Lanka, che la notte dice di soffrire “caldo e sudore”, ma quando è a scuola è contenta perché vede “soleggiare il sole”. Sono solo alcuni versi delle poesie scritte dagli alunni di una classe quarta primaria di un importante istituto della Lombardia. “Una classe particolare, composta al 95% di stranieri”, spiega a La Tecnica della Scuola S. T., la docente che ha curato il laboratorio di poesia. “Ci sono bambini che vengono da Egitto, Tunisia, Marocco, Senegal, Perù, Filippine, Sri Lanka, Romania, Italia. Posso assicurare che nessuno si sente isolato in un contesto così particolare”.
Volti, non numeri
I bambini dell’istituto lombardo danno un volto e un nome ai numeri delle statistiche sugli studenti stranieri nelle scuole italiane, che in questi giorni di avvicinamento al referendum dell’otto e nove giugno – con un quesito dedicato proprio al tema della cittadinanza – rimbalzano con insistenza sui giornali. In Italia – come abbiamo visto in un articolo dedicato al tema – sono circa 864 mila gli studenti con cittadinanza non italiana iscritti agli istituti pubblici, tra scuola dell’infanzia (107 mila), primaria (322 mila), superiore di primo grado (209 mila) e di secondo grado (226 mila). Per molti, il referendum rappresenta un’opportunità di accelerare l’iter. Il quesito, infatti, prevede di dimezzare i tempi necessari agli stranieri maggiorenni per chiedere la cittadinanza. Un diritto che si estende anche ai figli conviventi, che quindi possono sperare di ottenere prima il beneficio.
Lo sviluppo del laboratorio
Il processo di integrazione, in ogni caso, non aspetta le carte bollate. Come dimostra il progetto avviato da T.: Due lauree, esperienze nel mondo dell’informazione, un master all’Università Cattolica di Milano, la docente ha scelto di valorizzare la natura cosmopolita della classe attraverso l’arte. “Per imparare a scrivere poesie, ho fornito ai bambini e alle bambine alcune illustrazioni di Chirstoph Niemann, chiedendo loro di immaginarsi in quelle scene e di descriverle, usando tutti i loro sensi”, racconta.
“Ho chiesto poi di aggiungere, attraverso un disegno, un inizio e un finale che potessero riassumere il senso completo di quella storia”. Il passo successivo è stato descrivere le storie a parole, “usando le emozioni (magari le stesse che avevano provato in situazioni simili) e, infine, di sottolineare, tra tutte le parole utilizzate, quelle che più li e le emozionavano”.
Dalle immagini alle poesie
Da questi racconti ai versi, aggiunge la docente, il passo è stato breve. “A questo punto, ho chiesto ai ragazzi di scrivere delle poesie che rispettassero le regole ‘tecniche’ studiate, come l’uso di anafore, allitterazioni, metafore, similitudini, personificazioni e rime”. I risultati sono andati oltre ogni previsione. “Dopo il successo del primo esperimento, ho utilizzato il Metodo Caviardage di Tina Festa [un sistema di scrittura poetica che aiuta a scrivere poesie e pensieri, ndr] e, anche in questo caso, i risultati sono stati eccellenti”. Al punto da stupire la stessa insegnante. “La cosa sorprendente è che in questa fase dell’anno, i bambini e le bambine hanno cominciato a scrivere poesie durante gli intervalli, in cortile, dopo la mensa, a casa, dopo i compiti. Poesie per le maestre, per la mamma, per parenti e amici”.
L’importanza dell’integrazione
Per T., il tema della cittadinanza è molto importante. “Al di là di ogni considerazione politica, credo che l’integrazione sia fondamentale, e che un intervento per facilitare il conseguimento della cittadinanza sia necessario”, spiega. “I ragazzi, spesso, sono più avanti di quanto immaginiamo. Nella mia classe, nonostante la diversità di lingue, provenienze e storie personali, c’è una grande armonia. Nessuno è lasciato indietro dagli altri, come purtroppo spesso avviene nella società degli adulti”. L’auspicio della docente è che con il referendum dell’otto e nove giugno qualcosa possa muoversi. “Non dico cosa voterò io, ma sicuramente occorre dare risposte a questi ragazzi, che vivono, pensano, e come avete visto scrivono anche in italiano”.