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Studenti ucraini, l’accoglienza dei Paesi europei

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Il conflitto in Ucraina attualmente in corso, oltre a determinare e a riaprire uno squilibrio geopolitico mai assestato e stabilizzato del tutto, ha prodotto e continua a produrre ed alimentare una catastrofe umanitaria: centinaia di migliaia di cittadini ucraini – d’etnia russa o ucraina – stanno fuggendo dalle proprie abitazioni e città, indipendentemente da chi sia il carnefice e la vittima di quella determinata azione militare, che non guarda in faccia nessuno se non ottemperando a quanto deciso in un quartier generale chissà dove.

Questo massiccio esodo che richiama le parole e i canti del Maestro Battiato trascina con sé sogni, prospettive di giovani e studenti, le quali aspettative di formazione si sono di fatto sbriciolate a seguito delle azioni militari attualmente in corso sul territorio ucraino, almeno per ora, concentrate sui suoli settentrionali del paese, siti al confine con un’ambigua Bielorussia.

Che fare? Come i meccanismi europei possono garantire a giovani e famiglie una continuità accettabile a seguito di tale devastazione? La risposta è in genere insita nelle istituzioni locali, europee e sovranazionali in generale: lo studio, la formazione e la conoscenza rientrano nei diritti fondamentali dei singoli, senza barriere e vincoli di natura etnica, sociale e religiosa. L’UE, ottemperando al suo ruolo sovradimensionale umanitario, si è adoperata nel convogliare tutte le energie necessarie al fine di osservare tali massime del diritto internazionale. Vediamo come.

La risposta delle istituzioni: rete, scambio e accoglienza

I primi paesi a mobilitarsi a livello europeo, per via dell’interesse locale e per via di una pericolosa vicinanza a livello geografico sono stati Ungheria, Slovacchia, Cechia, Polonia e Baltici, i quali vantano anche una consistente minoranza ucraina, frutto della commistione e disgregazione dello spazio sovietico e degli effetti che tale evento ha portato a livello ucraino ma anche globale.

L’organizzazione di treni speciali a tariffazione gratuita, la riapertura di ospedali in disuso al fine di offrire assistenza sanitaria e psicologica e l’organizzazione di un diretto e consistenze sistema di accoglienza ha reso l’Europa un soggetto di importante riferimento.

Per ora tale rete si adopera perfettamente nell’accoglienza di donne e bambini, nonché anziani, impossibilitati per ovvi motivi a combattere e a prendere parte alla resistenza militare. Ciò implica, per bambini e giovani, la riorganizzazione di un fronte educativo sano e per quanto possibile soddisfacente: i docenti ucraini attualmente in fuga nelle aree orientali dell’Unione hanno preso parte all’esecuzione delle lezioni in lingua ucraina e russa (che resta idioma franco e di conseguenza cruciale nello spazio postsovietico) rispettando i programmi nazionali con particolare riferimento alle carenze complessive delle classi, sbattute a centinaia se non migliaia di chilometri dalle proprie abitazioni.

Il meccanismo europeo in azione: non solo diritto e istituzioni, solidarietà e accoglienza le parole chiave

L’Unione Europea, prima di tutto, costituisce un’organizzazione sovranazionale strutturata in istituzione più o meno centrali che sono coordinate – non alla perfezione – per gli obiettivi dell’organizzazione stessa e di chi, in via torica, la abita.

L’emergenza sanitaria ha provocato uno stress politico, decisionale e finanziario non indifferente: ingenti le quote destinate alla risoluzione finanziaria dell’emergenza sanitaria non ancora globalmente portata a risoluzione nel territorio dell’Unione.

Una guerra alle porte di casa – indipendentemente dalle responsabilità di tali azioni militari – contribuisce ad incrementare lo stress istituzionale rischiando di inceppare i meccanismi politici a livello diplomatico e umanitario.

Il Dipartimento dell’Istruzione a livello europeo ha coordinato con un programma di stampo emergenziale l’accoglienza degli studenti ucraini e delle loro famiglie a livello comunitario: ogni paese, esattamente come accaduto con le primavere Arabe che interessano il Medio Oriente dal 2011, è obbligato a reclamare per sé una parte dei profughi fornendo ai giovani assistenza di natura educativa, supervisionato da osservatori locali che agiscono per conto della Commissione. Questa provvede ad adoperarsi in merito a specifici piani di spesa, per ora garantendo centinaia di milioni di euro con cui realizzare una sana rete di accoglienza.