
Pedagogista, professore emerito in scienze dell’educazione all’Università Paris-Est Créteil, Éric Debarbieux è uno dei massimi esperti di uno dei fenomeni più tristemente in primo piano oggi: la violenza scolastica. Presidente delle Assise nazionali contro il bullismo a scuola nel 2011, delegato ministeriale per la prevenzione e la lotta contro le violenze in ambiente scolastico tra il 2012 e il 2016, Éric Debarbieux pubblica in questi ultimi giorni un saggio che è un po’ una summa del suo lavoro di analisi negli anni passati ma che si apre anche, e soprattutto, al presente per fornire utili chiavi di lettura per gli anni a venire.
“Zero tagliato? Una storia politica della violenza a scuola” affronta – come suggerisce il titolo – il fenomeno della violenza nella scuola francese dagli anni Ottanta a oggi e analizza le risposte che hanno tentato di dare i vari Governi. Insomma, il problema e le sue soluzioni. Soluzioni tentate, sperimentate, s’intende, dato che in Francia la violenza a scuola continua a essere presente, eccome!
Intervistato dal quotidiano “Le Dauphiné Libéré”, il pedagogista sottolinea come negli ultimi anni la violenza in ambiente scolastico abbia assunto tante forme diverse, non solo gli insulti, le micro-aggressioni, il bullismo tra ragazzi, ma anche le violenze legate al rifiuto della persona: razzismo, omofobia, antisemitismo.
Ma la violenza assume ancora altre dimensioni, più o meno visibili all’esterno. Sono evidenti, ad esempio, le aggressioni ai docenti da parte di alcuni genitori; sono più nascoste, al contrario, altre tensioni legate ai conflitti tra docenti all’interno dei consigli di classe o alla frustrante sensazione da parte di molti professori, che operano in contesti difficili, di sentirsi abbandonati dai propri dirigenti scolastici e dal Ministero.
Sollecitato dall’intervistatore, Debarbieux attacca poi una certa politica che avrebbe fatto passare l’idea che le violenze a scuola provenissero dall’esterno, da infiltrati teppisti e agitatori. In realtà è stato accertato – continua il pedagogista – che soltanto il 2,5% degli atti di violenza proviene dall’esterno e che tutto il resto, dunque, sono gli stessi alunni a perpetrarlo.
I Ministri dell’Educazione Nazionale – conclude l’autore del saggio – non hanno voglia di occuparsi seriamente della questione. Quando accade qualcosa di particolarmente grave, improvvisano una risposta. Ecco il motivo dell’inflazione di circolari negli ultimi vent’anni. La lotta contro la violenza scolastica ha bisogno, al contrario, che maggioranza e opposizione si rendano conto che si tratta di una battaglia comune da condurre sul lungo termine, superando ogni steccato ideologico.