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Tarsu, è scontro aperto tra il Ministero della P.I. e gli Enti locali

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Questo orientamento è l’effetto di una recente sentenza della Corte di Cassazione (V sezione civile-tributaria, n. 4944/2000) con la quale è stato rigettato un ricorso presentato dal dicastero di viale Trastevere contro il comune di Brescia, che si era rifiutato di pagare la tassa dovuta per alcuni edifici destinati a scuola materna.
Secondo i giudici della suprema corte, infatti, la tassa sui rifiuti solidi urbani è un tributo relativo non all’immobile, ma all’attività produttiva di rifiuti esercitata dall’occupante o dal detentore dello stesso. Di conseguenza, essendo tale produzione direttamente correlata all’attività d’istruzione, essa è di stretta pertinenza del relativo dicastero e non degli enti locali. Gli obblighi di questi ultimi, infatti, riguardano le spese di gestione, le spese varie d’ufficio e la fornitura degli immobili da destinare a scuola. Tutte incombenze che non prevedono eventuali prelievi integrativi di natura tributaria. La sentenza ha avuto grande diffusione sulla stampa e tramite gli organi associativi degli enti locali.

Di qui l’atteggiamento comune di indisponibilità ad adempiere i relativi oneri. Ciò nonostante il Ministero della Pubblica Istruzione è rimasto fermo sulla precedente posizione ed ha diffuso una nota (prot. n. 4508/dm del 6 ottobre 2000) con la quale ribadisce che "gli oneri per il pagamento della tassa per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (Tarsu) degli edifici scolastici sono da considerarsi, come ogni altra spesa rientrante nella voce ‘spese varie d’ufficio’, di cui all’ articolo 3 della legge 11 gennaio 1996, n. 23, a carico degli enti locali (comuni e province)".
Nella stessa nota, il dicastero guidato da Tullio De Mauro ha fatto sapere di avere richiesto il parere dell’Avvocatura Generale dello Stato e che, in attesa di conoscere le indicazioni che perverranno dall’organo giuridico, l’indirizzo del ministero rimane quello fissato dalla circolare n. 11/1999: la Tarsu devono pagarla i comuni. Una questione spinosa, che rischia di pregiudicare le buone relazioni tra istituzioni scolastiche ed enti locali, peraltro necessarie all’attuazione dell’autonomia.