Home Didattica Un’altra sentenza riconosce la perequazione interna e apre quello della perequazione esterna...

Un’altra sentenza riconosce la perequazione interna e apre quello della perequazione esterna della dirigenza scolastica

CONDIVIDI

E’ dell’ultima ora un’altra sentenza che ha riconosciuto la retribuzione individuale di anzianità (RIA) a due colleghi vincitori di concorso ordinario a dirigente scolastico, emessa dal giudice del lavoro di Lagonegro (PZ) il 5 novembre 2014, nel mentre ci giungono notizie di analoghi ricorsi accolti a Salerno e a Nocera Inferiore.

Essa segue pedissequamente le motivazioni dei giudici del lavoro di Como (giudice Mancini, del 10 luglio 2014) e di Roma (giudice Forziani, del 7 ottobre 2014).

Dopo le iniziali sentenze di rigetto, ad opera di una giurisprudenza frenata dalla novità e complessità della materia, può adesso ben affermarsi che si sta consolidando un orientamento opposto, atteso che le pronunce positive sono emesse, in fatto e per esplicito, in fotocopia. Sicché il loro contenuto e le perspicue argomentazioni che lo sostengono potranno essere introdotti in appello, nei ricorsi già respinti in primo grado, per il tramite delle note autorizzate.

I ricorsi in questione, così come quelli presentati, e vinti, per i c.d. presidi incaricati, sono stati tutti patrocinati da DirigentiScuola, che – sin dalla sua contrastata nascita,or sono quattro anni – aveva deciso di intraprendere la via giudiziaria per contestare l’ultimo contratto della vergogna, il terzo regolarmente e congiuntamente sottoscritto dai cinque sindacati rappresentativi, e regolarmente rinviante alla prossima tornata – sarà nel 2019? – il  diritto della dirigenza scolastica di essere una dirigenza vera, sia per trattamento normativo che per conseguente trattamento economico.

Quattro anni nel corso dei quali DirigentiScuola  ha pervicacemente tenuto duro, nel mentre i sindacati confederali si limitavano a fare ammuina e l’autodefinitosi più autorevole e più rappresentativo dei sindacati della dirigenza scolastica addirittura si peritava di commissionare un parere pro veritate all’illustre accademico giuslavorista prof. Carinci, contro di noi venditori di fumo, per sentirsi confermare che la questione della perequazione stipendiale ha natura squisitamente pattizia e non può essere pertanto risolta in via giudiziaria, non essendo quindi suscettibile, per difetto di giurisdizione e di competenza, di essere affrontata e risolta dal giudice del lavoro: formula ripresa, alla lettera, dal convenuto MIUR per contestare, nei giudizi de quibus, le avverse pretese di parte ricorrente! Un sindacato giallo non avrebbe potuto far di meglio: per la controparte datoriale, s’intende!

Per contro, i giudici aditi, ritenute la loro giurisdizione e la loro competenza, hanno sentenziato che l’interpretazione delle norme contrattuali da parte dell’Amministrazione risulta discriminatoria, lesiva dei diritti e degli interessi ed ingiustamente penalizzante per i ricorrenti e, per ciò solo, contrastante con gli articoli 3, 36 e 97 della Costituzione. Tal che – proseguono i magistrati – non osta  al riconoscimento della retribuzione individuale di anzianità in favore dei dirigenti scolastici provenienti dalla carriera docenti l’assenza di previsione specifica nella contrattazione collettiva di riferimento, poiché è possibile estrapolare, per stretta analogia, la relativa disciplina dai principi generali dell’ordinamento sopra menzionati e dal sistema concernente il trattamento economico dei dirigenti tutti appartenenti all’Area V del MIUR.

Sempre secondo i predetti giudici, invece, la signoria del contratto precluderebbe ogni indagine di merito circa le dedotte sperequazioni dei ricorrenti dirigenti scolastici rispetto al personale dirigente amministrativo dell’Area I del medesimo Ministero per le voci retributive qualificate accessorie, attesoché la retribuzione tabellare è uguale per tutti i dirigenti di seconda fascia.

Trattasi della retribuzione di posizione e della retribuzione di risultato, rimessi alla libera, e perciò insindacabile, determinazione delle parti contraenti, quindi deputate a concordare il quantum, sia della prima (variandola a seconda delle funzioni ricoperte e delle responsabilità connesse, in base ad una graduatoria operata da ciascuna Amministrazione) che del secondo (indennità di risultato finalizzata a remunerare le qualità delle prestazioni e degli obiettivi conseguiti).

A supporto del diniego alla perequazione esterna i giudici citano due sentenze della Cassazione ed una del Consiglio di Stato; che però si limitano, come sopra, semplicemente a puntualizzare natura e funzione, rispettivamente, delle retribuzioni di posizione e di risultato.

Per converso, esistono altre pronunce degli stessi organi giurisdizionali e della Corte costituzionale – pure introdotte nel ricorso, ma sulle quali i giudici hanno omesso di pronunciarsi – che rendono invece possibile una penetrante indagine nel merito delle scelte contrattuali se in concreto pregiudizievoli per i soggetti rappresentati, sempre – beninteso – alla stregua di singole disposizioni normative, da ricondurre in via ermeneutica a sistema, anche ricorrendosi ai principi generali dell’ordinamento giuridico e guardandosi alla sostanza delle posizioni soggettive incise, laddove debbano essere accertate eventuali lesioni della Carta fondamentale, particolarmente dei già menzionati articoli 3 (uguaglianza), 36 (retribuzione complessiva commisurata alla qualità e alla quantità, con correlate responsabilità  del lavoro e/o funzioni svolte), 97 (buon andamento dell’Amministrazione: imparzialità e trasparenza, nonché efficienza-efficacia-economicità): Principi ravvisati, dagli stessi giudici aditi, dirimenti per la riconosciuta perequazione interna, insussistenti per la denegata perequazione esterna.

Per il vero, di questa contraddizione, per essersi nell’un caso integrata la lacuna del contratto e nell’altro statuita la sua granitica intangibilità, sembra che traspaia consapevolezza nei capi delle sentenze in discorso, nel punto in cui si aggiunge che parte ricorrente non ha dedotto, né provato, né chiesto di provare l’assunto espletamento, nella qualità di dirigente scolastico, di compiti più gravosi rispetto ad altri dirigenti impegnati presso lo stesso Ministero…(sicché)… risulta agevole concludere per l’infondatezza del capo di domanda in esame.

In realtà anche qui i giudicanti hanno glissato, perché noi sappiamo che nell’approntamento dei ricorsi si è abbondantemente dedotto, provato e chiesto di provare – conl’allegazione di precise norme giuridiche e con gli altrettanti pregnanti riferimenti giurisprudenziali e dottrinari – la  ben più gravosa funzione commessa ex lege ai dirigenti delle istituzioni scolastiche rispetto a quella intestata ai colleghi generici: in fatto poco più che funzionari, attributari di circoscritte e delegate competenze da parte del direttore generale e a lui gerarchicamente sottoposti, ovvero rispetto a quella esercitata dai dirigenti tecnici, già ispettori scolastici, addirittura privi di ogni potere gestorio ed inerente struttura di supporto, dunque dirigenti quoad pecuniam.

Vorrà dire che in sede di appello – oltreché nei ricorsi in primo grado, già depositati o da depositare – occorrerà ulteriormente dettagliare e integrare, fermo restando il principio dell’immodificabilità della domanda, quanto non sarebbe stato, secondo i giudici di prime cure, dedotto, provato e chiesto di provare: Perché ora sappiamo – lo hanno detto i giudici – che la sovranità del contratto, di un diverso contratto rispetto a quello dell’Area I, non è più un dogma!

DIRIGENTISCUOLA lo farà, disposta a virare, se necessario, verso Strasburgo, davanti la Corte europea dei diritti dell’uomo, una volta esauriti infruttuosamente tutti i gradi interni di giudizio. Perché è nata, e vive, per smantellare la riserva indiana costituita da una quinta area contrattuale surrettiziamente astretta nel comparto scuola  per collocarvi una dirigenza specifica, non assimilabile alla dirigenza pubblica di cui al decreto legislativo 29/93 (ora d. lgs. 165/01): vale a dire una dirigenza finta!

Era largamente prevedibile che l’esito degli ultimi ricorsi non avrebbe potuto lasciare indifferente, se non addirittura apertamente ostile, la Pentiade.

Per primi hanno dato mostra di muoversi i sindacati generalisti di comparto, resi rappresentativi nell’area quinta dal mirabile autolesionismo di colleghi, datori di lavoro, di rilasciare delega a chi, facendo il suo mestiere, giustamente risponde alla loro ben più consistente controparte: una delega del dirigente a fronte di cento deleghe di lavoratori, secondo gli ultimi e risalenti dati ARAN.

In buona sostanza, i predetti sindacati generalisti di comparto propongono l’invio al MIUR e all’USR di riferimento, da parte di ogni dirigente interessato, di una richiesta di estensione degli effetti del giudicato (sic!) che consenta la messa in mora dell’Amministrazione e l’interruzione dei termini di prescrizione, utilizzando il modello di diffida predisposta dall’ufficio legale nazionale.

E’ una soluzione ridicola ed offensiva dell’intelligenza dell’interlocutore; e pur tuttavia non priva di coerenza per chi avverte la contradizion che nol consente di pubblicizzare – ed eventualmente patrocinare – l’impugnazione di un contratto (di più successivi contratti) sottoscritto senza riserve, che non fossero una firma a margine di una dichiarazione congiunta e l’inserimento di una parimenti sterile disposizione finale al CCNL per il secondo biennio economico 2008-09, tuttora vigente.

Nella dichiarazione a verbale si faceva affidamento al primo atto normativo utile per realizzare una similperequazione interna, con corresponsione di un importo una tantum a valere sul fantasmatico fondo di cinque milioni di euro, naturalmente a tutt’oggi non pervenuto.

Nella disposizione finale si reiterava lo stucchevole, tortuoso e innocuo mantra – sempre la stessa formula che aveva chiuso i precedenti contratti – dell’impegno delle parti di perseguire l’obiettivo dell’equiparazione retributiva dei dirigenti dell’Area V con la restante dirigenza pubblica, in coerenza con quanto stabilito dall’ordine del giorno della Camera dei deputati (A.C. 1746-Bis-A)…concordando il rinvio…al  prossimo rinnovo contrattuale, nel rispetto delle autonome determinazioni del comitato di settore, l’ulteriore esame delle connesse problematiche e la definizione delle più opportune soluzioni, nella direzione del suddetto riallineamento retributivo.

A seguire è intervenuto, con spudorata faccia tosta, sempre l’autoproclamatosi più rappresentativo e più autorevole sindacato della dirigenza scolastica; che avvia ora il contenzioso retributivo, preannunciando, in un furbesco gioco al rialzo, un’ampia gamma di azioni in campo, mescolando:

-il mancato o incompleto pagamento della retribuzione di posizione parte variabile, che riguarda i dirigenti assunti dal 2012 in alcune regioni e tutti i dirigenti della Sardegna;

-il mancato o incompleto pagamento delle retribuzioni di risultato, riguardante molte regioni;

-il mancato pagamento dell’indennità di reggenza parte variabile e, in alcuni casi, di parte fissa, riguardante la maggior parte delle regioni;

-la perequazione interna, che riguarda tutti i dirigenti assunti a partire dal 2007 per effetto di concorso ordinario, che non percepiscono né la RIA né l’assegno ad personam, invece riconosciuto ai c.d. ex presidi incaricati.

Correttamente, per le prime tre situazioni, trattandosi di un ritardo di adempimento contrattuale a fronte di una prestazione già resa, è ritenuta in prima istanza bastevole una diffida ad adempiere, eventualmente seguita da decreto ingiuntivo.

Per la perequazione interna – preavvertendosi e precisandosi che al momento le sentenze favorevoli sono solo 44!  – chi a suo tempo, giova ricordarlo, ha commissionato e pagato il parere Carinci e fornito un formidabile assist all’Amministrazione resistente in giudizio, concede che tuttavia vale la pena di avviare comunque dei ricorsi pilota – che allora si possono fare? – , per  cercare di estendere il numero delle pronunce positive. Ma come ? Non bastano 44 ricorsi già accolti?

E’ proprio il caso di ricordarlo: il lupo perde il pelo ma non i vizio! Chi ha preso in giro la categoria da sempre pensa che può farlo ancora impunemente. Parlare di ricorsi pilota, solo per acquietare gli animi, vuol dire semplicemente essere convinti che la categoria possa ancora essere presa in giro con le favole. Ci vuole coraggio a proporre ricorsi pilota dopo 44 ricorsi già accolti.  La verità è una sola e lo abbiamo detto e ribadito più volte: chi ha sottoscritto il CCNL delle vergogna non può proporre ricorso perché in quel CCNL non è stata prevista la RIA e la perequazione esterna.

Questa ponderata azione rifiuta la logica dell’egoismo (?), cioè della ricerca del beneficio individuale a scapito dei colleghi(??) … e azzera i rischi della scelta non meditata delle sedi giudiziarie e dell’improvvisazione delle strategie processuali.

Curiosamente, non si fa parola della perequazione esterna, magari per rimarcare il fatto che a tutt’oggi è stata sistematicamente rigettata dai giudici; che pure confermerebbe il, prezzolato, paradigma dell’inutilità dei ricorsi!

Dovremmo dedurne che il più autorevole dei sindacati della dirigenza scolastica  la voglia mantenere reclusa nel suo recinto per continuare a lucrarvi una cospicua rendita di posizione, e/o stimandola immeritevole della sua inclusione nella dirigenza pubblica, in particolare nel ruolo unico della dirigenza statale. Il che legittima il sospetto che gli inerenti emendamenti al disegno di legge 1577/14, presentati un ritardo, più che mossi da sincerità, obbediscano piuttosto ad una strategia precongressuale.

Lasciamo ai colleghi ogni valutazione, e consequenziale determinazione, se scegliere di farsi abbindolare da persistenti, palesi, diversivi e ipocrite cautele oppure seguire sino in fondo il percorso, già tracciato, per riscattarsi dallo status di figli di un dio minore.