
Ricordate quei reperti archeologici chiamati fogli di carta sui quali addirittura si scriveva a mano con un vecchio arnese, la penna, poi si riponevano in una busta e, dopo avere acquistato un francobollo, si imbucavano in una cassetta delle poste sperando che raggiungessero prima possibile il destinatario? Si chiamavano lettere, modalità comunicative cadute ampiamente in disuso tanto che gli adolescenti di oggi ne hanno perso conoscenza.
Eppure…. Se vi dicessimo che un gruppo di studenti di un liceo di Acireale ha da mesi avviato una fitta corrispondenza via lettera – sì, proprio la vecchia lettera scritta a mano – con altri adolescenti provenienti dall’Italia e da vari altri Paesi europei e nord africani?
Ce lo racconta il quotidiano Avvenire ed è la storia degli alunni di una quinta del Liceo delle scienze umane ‘Regina Margherita’ di Acireale, impegnati in questi giorni negli Esami di Stato, che nei mesi scorsi hanno tessuto una fitta corrispondenza con una ventina di coetanei detenuti nell’Istituto Penale Minorile della stessa città, a un tiro di schioppo dalla scuola.
Il progetto nasce dall’idea di una cooperativa locale che ha provato a costruire un ponte tra scuola e carcere, coinvolgendo i dirigenti e gli insegnanti dei plessi praticamente dirimpettai in un inedito quanto interessante progetto epistolare in cui i ragazzi si sono scritti lettere, raccontando la propria vita, con tutte le difficoltà, i sogni e le emozioni che accomunano gli adolescenti di tutto il mondo.
Come confessato ad Avvenire dalla presidente della cooperativa, nessuno si aspettava che il progetto avrebbe avuto successo, soprattutto nell’epoca dei social in cui pensare che dei ragazzi accettassero di scambiarsi messaggi su fogli di carta sembrava po’ anacronistico.
E invece l’idea si è rivelata vincente: per garantire l’anonimato e dare la possibilità a tutti di aprirsi con sincerità, le lettere erano anonime. Una scelta azzeccata perché la corrispondenza è andata avanti per tutto l’anno scolastico con grande soddisfazione di tutti.
Per iniziare la conversazione, gli educatori hanno stimolato la riflessione degli studenti del liceo intorno a cinque domande: chi sono, un ricordo bello, un mio progetto di vita fra dieci anni, un ricordo brutto e come sono uscito da una situazione complicata. Mano a mano che dall’Ipm rispondevano, la corrispondenza si infittiva. Lo scopo era far ‘incontrare’ ragazzi che vivono situazioni opposte – liberi e detenuti – ma che hanno comunque molti punti in comune, le stesse ansie e speranze per il futuro che li aspetta.
Intervistata dal quotidiano milanese, una delle docenti del ‘Regina Margherita’ ha riferito che i temi trattati con maggiore insistenza in questi mesi di corrispondenza sono stati l’amore, la famiglia, la crescita, l’amicizia, la musica. Molti detenuti hanno ammesso gli errori compiuti e dichiarato di volere tornare alla normalità. I ragazzi del liceo, dal canto loro, hanno mostrato comprensione e affinità. Ed era proprio questo l’obiettivo del progetto: abbattere le barriere sociali, economiche e fisiche e livellare gli svantaggi tra adolescenti di contesti diversi. Sono nate esperienze di spessore, in alcuni casi commoventi.
Considerato l’eccellente risultato del progetto, tutti gli operatori coinvolti pensano di ripeterlo l’anno prossimo, coinvolgendo altre classi del liceo oltre alle quinte.
Anche il direttore del carcere esprime tutta la sua soddisfazione perché il progetto è la dimostrazione che è possibile “fare” un carcere diverso, centrato sulle persone e con l’impegno di costruire ambienti e percorsi umanizzati per i giovani detenuti.