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Università a numero chiuso, la Lega insiste: il “bonus” è un bluff e va cancellato

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Dopo aver preso una posizione netta qualche settimana fa contro il ‘bonus maturità’ per l’accesso alle università a numero chiuso, Mario Pittoni, capogruppo uscente della Lega Nord in commissione istruzione del Senato, è pronto a chiedere al Miur la sospensione del provvedimento. Secondo l’ex senatore, oggi unico rappresentante del Carroccio in consiglio comunale a Udine, la sua adozione (tra i 4 e i 10 punti, legati al voto di maturità ma con soglia minimia di 80/100) “penalizzerebbe gli studenti settentrionali nell’accesso ai corsi universitari a numero chiuso”. Ma non solo: contattato telefonicamente, Pittoni ci spiega che “questo bonus va certamente cancellato, perché anziché introdurre maggiore omogeneità di valutazione ne riduce la portata. Applicando i percentili, infatti, gli studenti più bravi, concentrati in determinate scuola, verranno penalizzati. Mentre quelli meno preparati, frequentanti istituti non certo di primo livello, potranno ricevere un punteggio maggiore”.
Per convincere il ministro Carrozza a rivedere il provvedimento introdotto dal suo predecessore, il rappresentante leghista sta quindi lavorando a un documento che possa essere condiviso da maggioranza e opposizione, con cui segnalare l’iniquità della norma che per cinque anni a Roma era riuscito a tenere bloccata, “in attesa dell’approvazione di un meccanismo che garantisca omogeneità di valutazione su tutto il territorio nazionale. Ora – spiega Pittoni – chi ha un buon voto al diploma incasserà da 4 a 10 punti. E’ prevista una tabella per convertire la valutazione di maturità in punti: uno schema articolato che – secondo il ministero – terrà conto delle differenze di valutazione tra le scuole. Ma non potrà tenere conto del livello qualitativo medio degli studenti dei singoli istituti, penalizzando di fatto chi frequenta strutture che garantiscono standard elevati. Si aggiunge così un nuovo problema a quello dei test, che a Medicina (con un solo posto disponibile ogni dieci domande) già oggi garantiscono l’accesso più per fortuna che per capacità”.
Secondo l’ex senatore leghista i test d’ingresso infatti, “se ben formulati (merce piuttosto rara di questi tempi), possono essere (relativamente) utili per verificare il livello di preparazione alla fine di un ciclo di studi. Ben diverso quando pretendono di mettere a fuoco quanto sei portato a intraprendere un nuovo percorso, soprattutto in un settore particolare come quello medico. Per questo motivo riteniamo si debba lavorare a un sistema che lasci una possibilità a tutti, scremandoli dopo un certo periodo (un anno?) in base a un adeguato numero di esami da superare”.
Vale la pena ricordare che quella della Lega è una proposta molto vicina ad una auspicata dal professor Luigi Fabbrizzi, dell’Università di Pavia.