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Università, per la Flc-Cgil è il momento della svolta

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Il rilancio dell’Università italiana passa per un repentino stanziamento di fondi finalizzati a creare una governance adeguata, all’assunzione di 20.000 ricercatori e a triplicare il numero dei laureati: la proposta è stata fatta a Roma il 30 marzo durante il convegno “Il ruolo dell’università per la crescita del paese”. Dal convegno, cui hanno partecipato esponenti del mondo politico ed istituzionale ed il presidente della Crui Guido Trombetti, è emersa la necessità di sganciare il mondo accademico dall’alibi della pesante eredità del precedente Governo. “A fronte di una economia generale che va meglio – ha detto Panini, segretario generale della Flc-Cgil – è incredibile che non ci siano fondi per rilanciare nei fatti la centralità degli atenei  e per ridurre la piaga del precariato: quel che occorre è far seguire al Memorandum sulla riforma universitaria, attualmente in fase di attuazione e di concertazione con i sindacati, delle scelte nel Dpef ben diverse dalle precedenti. Ben venga anche l’accesso al ‘tesoretto’ che il Governo ha a disposizione con l’extragettito”. La proposta di Panini è stata subito raccolta da Guglielmo Epifani, segretario della Cgil, il quale ha infatti detto che "occorre non pregiudicare ‘il tesoretto’ per non arrivare a giugno per vederlo suddiviso prima ancora che ce ne accorgessimo: in tal caso rimarrebbero senza risposte tutti i problemi che intendiamo porre ai tavoli contrattuali".
E’ intenzione del sindacato creare quindi i presupposti per valorizzare e tutelare un’Università di qualità e di massa, capace di diventare un luogo di cultura nel territorio: “il diritto allo studio – ha spiegato Panini – deve diventare un fatto reale e i laureati devono triplicarsi: per questo motivo vanno stabilizzati 20.000 nuovi ricercatori e i tanti tecnici amministrativi che operano da anni e anni negli atenei senza garanzie occupazionali”.
Secondo Panini andrebbe rivisto al più presto anche l’attuale “sistema accademico del 3+2 che ha fatto proliferare i corsi di laurea senza studiare a priori la loro spendibilità sul mondo del lavoro: ciò che serve è ridare invece un’identità e un’omogeneità attraverso una presa di responsabilità di tutte le parti coinvolte, ad iniziare dal ministro Mussi e dalle stesse università”.
Le premesse del Governo in carica non sono però delle migliori: "Occorre assolutamente pianificare i 20.000 ingressi dei precari in pochi anni – ha sottolineato Marco Broccati, segretario nazionale Flc-Cgil – ma nel documento di linee guida del ministero che ha già visto un primo confronto con i sindacati non c’è questa intenzione. Abbiamo migliaia di giovani o, ormai ex-giovani, che da anni si aggirano per l’università – ha continuato il segretario nazionale – saltando da un dottorato a una borsa, da un contratto di insegnamento a un Co.co.co., il cui lavoro sostiene l’attività ordinaria degli atenei: un numero che nel complesso, calcolandone tutte le fattispecie (compresi i contratti di insegnamento), sono numericamente quasi pari ai docenti in ruolo". Il segretario della Flc-Cgil è convinto che l’Italia non può e non deve abbandonare al proprio destino queste migliaia di aspiranti docenti e ricercatori che si sono formati sul campo garantendo alta professianlità: "molte di queste sono persone abituate a confrontarsi con le comunità scientifiche internazionali di riferimento – ha specificato Broccati – non è immaginabile che l’iter richiesto sia indifferenziato rispetto a chi si presenta oggi ad una valutazione senza esperienze pregresse".
Anche Paolo Rossi, ordinario all’università di Pisa, ha insistito su questo punto: "la scelta politica di avere 70-100 mila docenti sarebbe una svolta epocale: gli attuali 60.000 docenti – ha detto il professore universitario – possono apparire sufficienti se valutiamo il sistema sulla base del numero di laureati magistrali, ma sono molto pochi sia sulla base degli standard europei di un docente ogni 20 studenti che se li commisuriamo all’esigenza di portare, e rapidamente, al titolo di primo livello la grande maggioranza degli immatricolati".