Home Mobilità Usb, mobilità per tutti senza ambiti e fermare la chiamata diretta

Usb, mobilità per tutti senza ambiti e fermare la chiamata diretta

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Denunciamo con forza l’accordo sulla mobilità che si sta prospettando all’orizzonte tra governo e sindacati concertativi, per “scavalcare” la legge 107 solo per alcuni e non per tutti. Un sindacato vero e non di facciata deve pretendere che gli ambiti territoriali non diventino la prigione dei docenti di fase B e C, degli immobilizzati e dei colleghi di fase 0 e A che faranno mobilità interprovinciale.

La partita della mobilità mostra con chiarezza la falsa opposizione alla cattiva scuola di Renzi portata avanti da Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda, nonché il tentativo di dividere ancora una volta i lavoratori della scuola in “meritevoli della titolarità” e “meritevoli degli ambiti”, calpestando il principio ovvio che nel momento in cui viene disapplica la legge 107, questo deve valere per tutti e non solo per alcuni.

I cinque sindacati dopo aver promesso un Vietnam autunnale, trasformatosi subito in una resa incondizionata senza neanche un’ora di sciopero, ora pur di riprendersi un minimo di potere contrattuale per la propria sopravvivenza e non certo difendere i lavoratori della scuola, hanno deciso di svendere i neo immessi in ruolo e legittimare la scuola-azienda del PD.

Il tentativo di guidare la transizione da parte di Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda, alimentando una guerra di tutti contro tutti, con il consenso di un governo pronto a ridare credibilità ad un sindacato stampella del potere, comprova l’opera di pompieraggio che in questi mesi i cinque sindacati hanno messo in atto per spegnere il grande movimento di massa che si opposto alla legge 107.

La grande ondata di mobilitazioni, partita dal basso, che ha animato il mondo della scuola nei mesi di Aprile, Maggio e Giugno, continuata con gli scioperi del sindacalismo di base nel mese di Novembre, non rappresenta un lontano ricordo ma il punto di partenza necessario per continuare la mobilitazione contro gli effetti immediati, in termini di aziendalizzazione e gerarchizzazione, che caratterizzano la cattiva scuola renziana. Rifiutiamo il tentativo del governo e dei sindacati concertativi di trasformare la mobilità 2016/2017, e i tecnicismi ad essa legata, nel nuovo terreno della segmentazione del mondo della scuola, scomponendo i docenti in una miriade di fasi (soprannumerari, immobilizzati, fase 0,a,b,c) con il solo obiettivo di dividere ancora una volta la categoria e meglio realizzare la svendita del corpo docente della scuola pubblica statale.

Le immissioni in ruolo non sono altro che il riconoscimento di un diritto all’assunzione a tempo indeterminato, che oltre ad essere stabilito dalla sentenza della Corte europea, è la naturale, anche se tardiva, affermazione del valore e dell’abnegazione di migliaia di docenti della Gae che per più di un decennio hanno garantito il normale funzionamento della scuola pubblica statale. Noi non dimentichiamo le migliaia di docenti che sono rimasti nelle GAE e che hanno maturato il diritto all’immissione in ruolo, nonché le migliaia di abilitati Pas e Tfa che meriterebbero l’immissione in ruolo senza passare dalla tagliola del concorso.

Invitiamo tutti i colleghi a non cadere nel tranello del “divide et impera” che si sta mettendo in atto con la mobilità, non rincorrendo inutili lotte fratricide tra lavoratori, ma individuando il nemico in questo governo e in una legge che umilia la professionalità docente e riduce la scuola a luogo di interessi clientelari e personali. Chiediamo con forza un intervento sugli organici per consentire a tutti di poter essere accanto alle loro famiglie e svolgere serenamente la propria professione, riteniamo che l’organico dell’autonomia possa essere ampliato, anche se ormai le politiche scolastiche sono improntate alla precarizzazione del lavoro.

Chiediamo con forza:

1) L’inserimento dell’organico di fatto all’interno dell’organico dell’autonomia e l’aumento del tempo pieno nelle regioni del sud, consentendo anche sull’organico di fatto i trasferimenti previsti dal piano di mobilità, senza ambiti territoriali e salvaguardando la titolarità nella scuola, annullando di fatto qualsiasi ipotesi di chiamata diretta dei dirigenti scolastici;

2) L’inserimento dei posti in deroga sul sostegno all’interno dell’organico dell’autonomia, essendo tali posti stabili e in continuo aumento da un decennio. Le deroghe garantiscono, all’inizio di ogni anno scolastico, il diritto allo studio degli alunni disabili, la loro stabilizzazione nell’organico dell’autonomia sarebbe un atto di civiltà e permetterebbe il ritorno o la non partenza di tutti i docenti di sostegno del sud immessi in ruolo nelle varie fasi, realizzando quella continuità didattica fondamentale nel processo di integrazione degli alunni disabili. Questi due semplicissimi provvedimenti consentirebbero il rispetto del diritto di tutti di tornare o restare nella propria terra, mettendo fine alla lotta di tutti contro tutti. Le scuole del sud hanno bisogno di docenti, le cattedre ci sono e non bisogna inventarle, garantendo al sistema di stabilizzarsi in via definitiva ed evitando un esodo di massa che avrebbe ricadute devastanti sul sistema scuola e sulla vita di migliaia di famiglie.