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Venerdì 6 maggio sciopero della scuola contro il decreto reclutamento e le spese per servitù militari. Il 1° giugno tocca ai sindacati maggiori?

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Venerdì 6 maggio potrebbero esserci problemi nello svolgimento dell’attività didattica nella scuola: i sindacati Usb Scuola, Cobas, Unicobas, Anief, Cub e Saese hanno infatti convocato lo sciopero generale della scuola per il personale docente, educativo ed Ata delle scuole di ogni ordine e grado. Nel corso della mattinata è prevista anche una manifestazione nazionale davanti al Ministero dell’Istruzione. Alla base della protesta vi sono diverse motivazioni, a partire dalla contrarietà rispetto al decreto legge 26 sul nuovo reclutamento e sulla formazione in itinere dei docenti, sul quale il Governo potrebbe alla fine tirare dritto e chiedere la fiducia per il sì definitivo, che “minaccia” di ridurre l’importo della carta docente a tutti gli insegnanti di ruolo, di cancellare 9.600 cattedre nel corso degli anni e di introdurre un iter più impegnativo, anche attraverso l’acquisizione di ulteriori crediti formativi universitari, per l’accesso ai concorsi e al ruolo.

Gli incentivi limitati ad una parte dei docenti

I sindacati temono che il decreto numero 36, una volta approvato, comporti “un vero percorso a ostacoli per la stabilizzazione dei precari, una formazione in orario aggiuntivo (obbligatoria per i docenti neo-immessi dal 2023-24), un’incentivazione salariale (di fatto a discrezione del Dirigente) destinata solo al 50% di coloro che si sottoporranno “volontariamente” all’indottrinamento di Stato, consegnando la scuola alle lobby della formazione”.

Inoltre, la piattaforma dello sciopero contiene, ricorda Usb Scuola, la richiesta di “abolizione dei PCTO e degli stage e restituire alle scuole, gli strumenti e i fondi per il potenziamento dei laboratori e per l’internalizzazione dei percorsi di avvicinamento al mondo del lavoro”.

No alla digitalizzazione “selvaggia”

L’Usb chiede anche di utilizzare i miliardi del Pnrr “non nella digitalizzazione selvaggia, ma per ridurre ordinariamente a massimo 20 il numero degli alunni per classe (15 in presenza di alunne/i con disabilità e per emergenze come la pandemia in atto), assumere i docenti con 3 anni di servizio e gli ATA con 2, investire in modo significativo nell’edilizia scolastica, per L’80% non a norma e per il 50% priva persino dell’agibilità”.

Sullo sfondo, rimane irrisolto il problema del rinnovo del contratto, scaduto ormai da 40 mesi e sul quale si attende ancora l’avvio della contrattazione all’Aran, subito dopo la definizione dell’Atto d’indirizzo.

I tagli alle cattedre

Secondo Marcello Pacifico, leader Anief, “quella presa dal Governo sia una scelta sbagliata, insieme anche alla decisione di tagliare 12mila posti (dal 2026 ndr) a seguito della decrescita del numero delle iscrizioni: a causa della denatalità è infatti previsto un crollo di studenti negli anni prossimi”.

“Solo che piuttosto che cancellare le classi – ha concluso – bisognava andare a investire e sdoppiare quelle numerose a partire dalle classi-pollaio di cui tutti si indignano ma rimangono sempre al loro posto”.

No alla corsa agli armamenti

Ma la protesta del 6 maggio servirà anche a difendere il principio costituzionale del ripudio della guerra: scioperiamo, si legge in un comunicato dei sindacati promotori della protesta, “contro l’economia di guerra, l’aumento delle spese per armamenti e servitù militari e contro qualsiasi coinvolgimento bellico.

È assai probabile che prima della fine dell’anno scolastico vi sia almeno un altro sciopero del comparto Scuola: i sindacati rappresentativi maggiori – Flc-Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals e Gilda – hanno infatti avviato la mobilitazione, subito dopo avere appreso della pubblicazione del decreto 36 in Gazzetta Ufficiale.

Tra fine maggio e inizio giugno il probabile bis

La prossima settimana, lunedì 9 maggio, si svolgerà il canonico incontro con l’amministrazione per verificare quali sono le possibilità che le richieste alla base delle contestazioni, soprattutto verso il nuovo reclutamento, vengano accolte.

A quel punto, dando per scontato il nulla di fatto derivante dalla cosiddetta procedura di “raffreddamento”, a Confederali, Snals e Gilda non resterà che annunciare lo sciopero generale: Francesco Sinopoli, leader Flc-Cgil, ha detto, durante una diretta organizzata dalla Tecnica della Scuola proprio sui contenuti del decreto legge 36 sul reclutamento, che lo sciopero dovrebbe attuarsi entro fine maggio.

Secondo nostri fonti, il giorno che alla fine potrebbe essere prescelto per la protesta generale, alla quale potrebbero unirsi pure altre forze sindacali e quindi trasformarsi in uno sciopero unitario, è il prossimo 1° giugno, alla vigilia del “ponte” della Festa della Repubblica.