Home Generale Vietato indossare il velo in classe: è una provocazione!

Vietato indossare il velo in classe: è una provocazione!

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Dopo la polemica sul crocefisso in classe, arriva quella sul velo sì o no a scuola. Ad alimentarla, stavolta, è il dirigente dell’Istituto tecnico “Malignani” di Cervignano del Friuli (Udine), Aldo Durì, con una circolare emessa l’11 febbraio scorso e resa pubblica il 16 febbraio dal quotidiano Messaggero Veneto: secondo il ds non è possibile vestire il velo islamico in classe, dove d’altronde è vietato qualunque tipo di copricapo. Quindi le ragazze musulmane sono “libere di servirsene all’esterno della scuola ma non in classe, anche perché a nessuno è permesso di indossare copricapi nell’ambito dell’attività didattica, come forma elementare di educazione”.

 

 

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“Ci tocca amaramente constatare – scrive Durì nella circolare – che da quando i jihadisti dell’Isis hanno scatenato con la brutalità dei loro attacchi una ‘guerra totale’ contro l’Occidente, gli Sciti, gli ‘infedeli’ di tutte le specie, compresi i sunniti moderati, perseguendo l’idea folle di restaurare il califfato islamico, tra i nostri studenti si sono diffusi sentimenti ostili ai musulmani e in genere agli arabi, che costituiscono una numerosa comunità nella nostra scuola”.

Il dirigente scolastico ricorda una recente aggressione da parte di un ragazzo friulano ai danni di un compagno egiziano. E avverte: “non esistono e non devono esistere guerre di religione a scuola. Le armi che dobbiamo utilizzare per prevenire questi patetici fenomeni sono la persuasione, la riflessione, il confronto, la testimonianza di chi nella vita ha patito soprusi e discriminazioni in nome della propria etnia, condizione, religione o ideologia”, e dove non bastasse “la parola d’ordine d’ora innanzi sarà ‘tolleranza zero'”.

 

 

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Durì ricorda anche che “la scuola italiana è laica e indifferente al credo professato dagli allievi e dalle loro famiglie”, e che “l’ostentazione e l’esibizione, specialmente se imposta, dei segni esteriori della propria confessione religiosa (…) può essere colta come una provocazione, e suscitare reazioni di ostracismo, disprezzo o rifiuto”.