
Secondo i dati raccolti da Confcooperative e dal Censis, relativamente all’impatto che l’Intelligenza Artificiale può avere sulla nostra economia e sul mercato del lavoro, sembra che ben “sei milioni di lavoratori sono a rischio sostituzione, mentre 9 milioni potrebbero vedere l’intelligenza artificiale integrarsi con le loro mansioni. Per un totale di circa 15 milioni di lavoratori sul totale esposti agli effetti dell’intelligenza artificiale”
In definitiva, questo dato dimostrerebbe che l’intelligenza artificiale andrebbe a sostituire i lavoratori, invertendo così il paradigma su cui finora si è basata la società e cioè che deve essere la tecnologia al servizio dei lavoratori e non viceversa.
Secondo lo studio, si legge sul portale Vita.it, le professioni più esposte alla sostituzione sono quelle intellettuali automatizzabili, come contabili, tecnici bancari, mentre le professioni ad alta complementarità includono avvocati, magistrati e dirigenti, Psicologi clinici e psicoterapeuti, Archeologi.
Le professioni ad alta esposizione di sostituzione, riguarderebbe soprattutto la maggior parte dei lavoratori con un’istruzione superiore e un diploma di laurea, mentre i lavoratori il cui impiego sarebbe complementare alle tecnologie supportate dall’intelligenza artificiale sarebbero in maggioranza laureati e poi quelli con un diploma superiore.
In ogni caso, sembra pure che le donne risultano più esposte rispetto agli uomini: rappresentano, infatti, il 54% dei lavoratori ad alta esposizione di sostituzione e il 57% di quelli ad alta complementarità.
Ancora una volta però gli investimenti in ricerca e sviluppo, vedono l’Italia investire l’1,33% del Pil rispetto alla media europea del 2,33%, contro l’indicazione Ue di arrivare a una media del 3% per il 2030, soglia già superata dalla Germania che investe il 3,15%, mentre la Francia investe il 2,18%, più di noi ma lontana dall’obiettivo fissato per il 2030.
Inoltre, secondo il Censis, il 20/25% dei lavoratori utilizza strumenti di intelligenza artificiale che nel dettaglio è: del 23,3% per la scrittura di mail, del 24,6% per messaggi, il 25% per la stesura di rapporti e il 18,5% per la creazione di curriculum.
I numeri salgono al diminuire dell’età, come dimostra il 35,8% tra i 18-34 anni che utilizza l’intelligenza artificiale per la stesura di rapporti contro il 23,5% tra chi ha più di 45 anni o il 28,8% dei più giovani che utilizzano per la scrittura di mail, a fronte di un 21,9% della fascia di popolazione che ha più di 45 anni. Non emergono, invece, vistose differenze tra i vari livelli di istruzione.