Home I lettori ci scrivono Aprire le scuole d’estate non serve ai ragazzi disadattati

Aprire le scuole d’estate non serve ai ragazzi disadattati

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La mia scuola, l’istituto comprensivo “D’Aosta-Scura” di Napoli, non presenterà nessun progetto per “la scuola al centro”, pur essendo collocata in una zona a rischio qual è quella dei Quartieri spagnoli. Ci troviamo al centro di Napoli, ma è come fossimo una “periferia” per la sua particolarità. Certamente vi è presenza di criminalità  e di lavoro nero, vi è dispersione scolastica e devianza minorile, accanto alla presenza di gente e ragazzi perbene, compresi gli extracomunitari.

Ma trovo questo progetto di “ scuole aperte d’estate” molto demagogico: è un modo di dire “facciamo qualcosa per queste realtà a rischio di mafia e di camorra”, un intento lodevole, ma serve solo a lavarsi la coscienza perché inefficace.

Ho già scritto- ma nessuno ha voluto pubblicare il mio intervento che non è evidentemente politicamente corretto- che per porre rimedio alla criminalità, lo Stato deve poter offrire ai giovani che non studiano e non lavorano, un lavoro o un reddito di cittadinanza, in cambio della frequenza a un corso di formazione per imparare un mestiere.

Se, poi, vogliamo recuperare i ragazzi ancora nell’obbligo che non frequentano, occorre riflettere di cosa stiamo parlando. Come si pensa di trattenere a scuola ragazzi che già normalmente non vogliono frequentare la scuola e sono violenti verso la struttura, gli insegnanti e i compagni, per la rabbia che covano dentro?

“Scuole aperte d’estate” va bene per i ragazzi normali, i cui genitori sono poveri o lavorano tutto il giorno, ma non può andare bene per questi ragazzi devianti.

Per loro occorrerebbe incrementare l’extrascolastico: portarli al mare, in piscina, nei parchi giochi, negli stadi, nei musei, a visitare altre città…Occorre portarli fuori dai luoghi dove si sentono prigionieri (la scuola, il quartiere), per aprire la loro mente ad altri mondi che possano illuminarli su un modo di vita diversa. Questa era l’intuizione originale del progetto “Chance”: non si possono recuperare  nella scuola “normale” questi ragazzi che sono espulsi dalla stessa “scuola normale”.

Suggerirei modestamente al Ministro dell’Istruzione  di ripensare la scuola per questi alunni per combattere in modo serio e non assistenziale la dispersione scolastica: occorre per questi ragazzi una scuola e un curricolo diverso, che li indirizzi a imparare un mestiere. Solo così troveranno utile  la scuola (e anche i loro genitori ne saranno convinti) e quindi la frequenterebbero.  

Piuttosto che il modello anglosassone, la “Buona Scuola”, dovrebbe seguire, caro Renzi, il modello tedesco dei percorsi differenziati…